LA BRUTTA SERATA

Un racconto 

Forse finalmente libero dai consueti pensieri di sudditanza e riconoscenza, mi ritrovai ad osservare attentamente i componenti di quella strana serata; simili a figure che emergevano dalla nebbia con singolare lentezza, quasi a voler trattenere intorno a sé un contorno di mistero, uno ad uno mi apparvero, in meticolosa processione, nudi, o forse soltanto esibiti.

Non sapevo quale fosse il mio ruolo, o la mia parte, tra loro, né immaginavo un’altra logica in grado di integrarmi, basso tra spilungoni, mostro tra apollinee creature, o forse solo noia e cupezza casualmente caduta in un crogiolo di buonumore e sicurezza; un monito, insomma, un disguido detestabile quanto inevitabile.

"Comunque vadano le cose, qualcuno stasera mi scoperà!". Questa frase, sussurrata da un vicino al suo amico, mi distolse finalmente dall’autismo. Il secondo annuì e sussurrò a sua volta: "Quella biondina là, di fianco alla sangria, mi sbava dietro, forse stasera ci sto."

Osservai i due: non potei fare a meno di convenire; quella sera avrebbero scopato. Mi passò vicino Tamara e mi disse: "Come sei serio stasera, non ti diverti?".

Sorrisi e bevvi un sorso di Montepulciano; non mi bastò e decisi di vuotare il bicchiere, ricordandomi solo dopo diversi secondi di avere un’interlocutrice.

"Non è che non mi diverto, è che sono un po’ stanco...", dissi al pianoforte alla mia sinistra; Tamara era sparita, Albina rise vedendomi parlare da solo e rivolta a Giorgio, il suo ragazzo, disse indicandomi: "E’ proprio simpatico, un pazzo, anche tu dovresti farmi ridere, ogni tanto...". Giorgio sorrise distrattamente, mi strizzò l’occhio e, girandosi, palpò un seno ad Albina, che ridacchiò mugolando.

Il micio di casa, Pier Luca, si strusciò contro la mia gamba destra e con un lungo miagolio mi dichiarò la propria amicizia; lo presi in braccio e, appagato, guardai nuovamente Giorgio ed Albina: Giorgio poteva evidentemente vantare una devastante erezione, Albina mangiava tartine e ruttava. Pier Luca si era già assopito, lo disturbai muovendomi per versarmi altro Montepulciano. Incontrai lo sguardo di Dante che mi disse: "Tu sì che vai bene...".

Vuotai di colpo il mio Montepulciano e me ne versai con amore un altro bicchiere, colmo stavolta. "Non ho mai avuto il fisico adatto per fare a botte... peccato!" pensai e sorrisi ad Angela, bella come sempre. La sognavo da almeno due anni e lei non mi invitava neanche alle prove del suo gruppo blues, "Le Madonne", in cui lei cantava e suonava il basso. Mi propose di seguirla nell’altra stanza, dove riecheggiava un’ottima techno, ma io, già accaldato, declinai bofonchiando una poesia di Verlaine, che fece ridere Angela e scappare Pier Luca.

Giorgio muoveva i fianchi in atteggiamento inequivocabile, osservando con sguardo spento Albina intenta a versarsi la sangria. Mi alzai ed entrai in cucina, dove Rosanna distribuiva insalata di riso parlando di politica con Luciano. Ascoltai Luciano teorizzare per l’ennesima volta uno spostamento a destra dell’asse politico come unica possibilità di uscire dagli sprechi dello stato sociale. Cercai di obiettare qualcosa, Rosanna sbadigliò e mi diede un piatto di insalata di riso.

Decisi di raggiungere Angela, ma fui fermato da Enrica, che avvicinò pericolosamente le sue labbra alle mie; non mi piaceva e, respingendola, mi infilai in un’altra stanza.

Qui, nel buio, alcune persone parlavano sommessamente. Non fecero caso a me, continuando i loro discorsi. Una ragazza che non conoscevo raccontava le sue disavventure amorose, suscitando l’ilarità degli altri presenti. Cercai di trovare posto nella stanza, ma scivolai calpestando una pozza di vomito. Mi rialzai sporco e sbigottito. Fortunatamente la padrona di casa, Graziella, soffocò le risate e mi portò in bagno, dove mi aiutò a pulirmi. "I pantaloni però sono andati," disse; "vieni, cerchiamo un paio di pantaloni di Ettore, lui ormai si è stabilito qui da me, ha portato un vero e proprio guardaroba. Maiale... è interessato solo a scoparmi. Sai che sto smettendo di bere?". Annuii, quasi stordito dall’odore di barbera di pessima qualità che emanava. Raggiunta la stanza da letto Graziella chiuse la porta a chiave e mi disse di spogliarmi. La parvenza di erotismo della scena fu ben presto spazzata via dall’occhiata distratta che lei diede alla mia figura rovistando nell’armadio. "Ecco, questi pantaloni sono di quando Ettore era ingrassato a dismisura, dovrebbero andarti bene.". Indossai i pantaloni del periodo grasso di Ettore, li allacciai a fatica trattenendo il respiro e ringraziai Graziella.

Tornammo alla festa, Graziella andò in bagno a vomitare. Nella prima stanza ritrovai Giorgio ed Albina; lui sfoggiava un’erezione ormai incontenibile e muoveva ritmicamente i fianchi ansimando. La camicetta di lei era quasi interamente sbottonata; i seni ormai scoperti erano un po’ sporchi di salsa. Rise vedendomi e rimproverò Giorgio di non essere simpatico quanto me. Lui ansimava. Mi chiesi per quale motivo avessi accettato di presenziare a quella festa quando, quasi percependo il mio disagio, Tamara mi si accostò e mi disse: "Sai, in queste occasioni mi sento così sola... E’ inutile, sono proprio incapace di rapportarmi agli altri.". Mi finsi interessato. Lei proseguì: "Cosa c’è che non va in me? Dimmelo, dai... Oh, come sono depressa!"; cercai di sbirciare attraverso la sua scollatura. "Tutti avete un’immagine sbagliata di me, anch’io sono fatta di carne. Carne, capisci?"; adesso gridava. Mi dissi che era quasi il momento di baciarla. Rise e mi disse a bassa voce: "Ma come si chiama quel tuo amico, il moretto, Dino mi sembra, è proprio carino, un po’ basso forse...". Le presentai direttamente Dino, che la prese in braccio e la portò a ballare. Albina aveva finito il Montepulciano e per giunta il suo fidanzato mentecatto aveva spezzato due tappi cercando di stappare i Chianti che avevo portato. "Erano D.O.C.G.!" cercai di ringhiare in faccia a Giorgio, ma la sua erezione mi distrasse. Trovai un Dolcetto e mi rasserenai subito. Mi chiesi che fine avesse fatto Angela; cercandola, mi imbattei in Enrica, che mi confessò il suo amore. Le proposi di appartarci per parlare e la feci entrare nella stanza buia dove la sconosciuta raccontava ancora le proprie disavventure. La indirizzai verso la pozza di vomito e, atteso il tonfo, uscii dalla stanza, inciampando in Graziella svenuta.

Mi fermai a riflettere sulla mia esistenza, sul senso della mia presenza alla festa di viale delle Isole; vidi in un angolo i due ragazzi che mi avevano distolto dall’autismo intrattenere la biondina della sangria spacciandosi per diplomatici. Valutai la possibilità di piangere.

Finalmente ritrovai Angela; mi abbracciò vedendomi e disse: "Che bello averti come amico!". Mi diede un bacio sulla bocca e corse a ballare. Io rividi la precedente valutazione contemplando il suicidio. Mi ridussi a chiacchierare con Dante, osservando Albina mangiare praticamente nuda, mentre l’erezione inumana di Giorgio aveva vinto la resistenza di un tessuto ormai consunto, o almeno liso, speravo.

Mentre la giustizia umana almeno per una volta trionfava e Rosanna aggrediva fisicamente Luciano, cominciai a pensare di tornare a casa.

Fu allora che un ragazzo non particolarmente bello ma con un sorriso luminoso si avvicinò e mi chiese un po’ timidamente come mi chiamassi. Si presentò come Nereo, e mi propose di cercare del vino. Io avevo prudentemente nascosto il Dolcetto e lo offrii a Nereo. Chiacchierammo piacevolmente, ormai estranei alla festa, ridendo e bevendo in abbondanza. Dopo qualche ora Nereo mi prese la mano e mi propose di spostarci a casa sua, dove aveva una vodka davvero speciale. Mi disse che poi saremmo tornati alla festa, abitando lui a pochi isolati. Accettai e, dopo un breve tragitto in macchina, ci ritrovammo a casa sua.

Nereo mi fece accomodare sul divano e si sedette accanto a me. Versò vodka per tutti e due. Brindammo e vuotammo in un sorso i nostri bicchieri. Parlammo a lungo di musica e di stagioni, poi facemmo silenzio. Nereo si fece più vicino, mi offrì altra vodka che rifiutai. Fu lui a rompere gli indugi, afferrandomi il viso e sfiorandomi appena le labbra. Ci baciammo di nuovo, a lungo, ed io fui preso da una vertigine di emozioni. Nereo si fece audace, mi tolse la maglietta e mi baciò il petto, io feci lo stesso, scoprendolo muscoloso ed attraente. Ridevamo e ci baciavamo, poi lui mi disse: "Sai cosa devi fare ora.". Perplesso pensai ad una caduta di gusto, ma mi apprestai docile a soddisfarlo. Gli sfilai pantaloni e biancheria, trovandomi al cospetto del suo sesso. Lo baciai e lo introdussi nella mia bocca. Mi stupii perché dopo diversi minuti il suo sesso non era ancora in erezione. Alzai allora lo sguardo verso di lui. Nereo dormiva, con una bolla al naso.

Mi alzai, mi rivestii e uscii dalla sua casa. A piedi, data la tarda ora, raggiunsi di nuovo viale delle Isole, dove ritrovai il mio motorino, fedele e tranquillizzante come sempre. L’aria fresca e pulita mi conciliò il sonno.