INTERVISTA A MICHELE
FESTA
Sesto San Giovanni, 27 settembre 2003
Michele
Festa, scultore, è nato a Milano, dove vive e lavora.
I suoi esordi risalgono agli anni '50. Nel 1956 espone per la prima volta alla
Galleria degli Artisti e nel 1959 alla Galleria del Baguttino a Milano. Agli
inizi degli anni '60, dopo una breve esperienza informale, Festa riprende a
"modellare" usando lastre di cera per "costruire figure".
Nel 1966 tiene una personale alla Galleria Rizzato-Whitwort, e da questo momento
inizierà ad esporre con regolarità in Italia e all'estero. All'inizio degli
anni '60 abbandona le tecniche tradizionali ed inizia a lavorare con lastre in
acciaio inox e con il perpex. A partire dagli anni '70 recupera sensibilmente il
volume nelle sculture e realizza le prime strutture astratto-geometriche.
Realizzerà in seguito alcune grandi sculture a Francoforte, Norimberga e
Parigi. Successivamente inizia ad indagare il rapporto tra scultura,
architettura e natura. Il lavoro degli ultimi anni si è focalizzato sul tema
dell'instabilità delle forme nello spazio e sull'accentuazione del
disequilibrio nelle strutture architettoniche: Stele, Colonna, Porta.
Attualmente Michele Festa è impegnato nella realizzazione della monumentale
scultura Porta Breda che verrà collocata nell'area del Parco Archeologico
dell'ex fabbrica Breda di Sesto San Giovanni. L'installazione permanente è
prevista per il giugno 2003, con inaugurazione tra novembre 2003 e gennaio 2004.
Fuorileidee è un sito di narrativa, recensioni, viaggi…
Anche
viaggi?
Viaggi economici.
Va
bene Concorezzo?
(dalla
radio si sente il Va pensiero…)
Ma...
ascolti Radio
Padania?
E
certo, se no non sono abbastanza incazzato!
Una
volta ascoltavi Radio Radicale.
Ma
mi han rotto le palle…
Va bene, cominciamo con le domande serie… lavorando materialmente nel
campo dell'arte, cambia qualcosa al cambiare delle maggioranze
politiche? Adesso culturalmente c'è una specie di deserto…
Ma
c'è sempre stato il deserto, in ogni epoca, perché purtroppo non ritengono
l'arte essenziale. C'è stato un periodo, nel dopoguerra, in cui il Partito
Comunista sosteneva un certo tipo di arte, il Neorealismo, ma anche lì in modo
molto settario, escludendo qualsiasi altra forma d'arte. O eri così o niente.
In
generale il potere se ne frega dell'arte… nell'ultima finanziaria il Ministero
per i Beni Culturali ha avuto un taglio spaventoso. Stessa cosa il Comune di
Milano. I privati non hanno il supporto delle leggi presenti in altri paesi. Ad
esempio detrazioni fiscali per chi sponsorizza manifestazioni d'arte. Allora non
riesci a coinvolgere le aziende, i privati, ecc...
Ma ad esempio le
partecipazioni alla Biennale sono influenzate politicamente?
Sì,
quello sì. Ma non politica nel senso di partiti, ma di appartenenza all'idea
che ha il curatore. Due anni fa era tutta impostata sulla video-arte,
perché era la moda. Tutto ormai è moda. Cioè, non c'è la dialettica tra un
certo tipo di arte e quella che è di moda. O fai quello, o niente. E infatti la
fregatura per i giovani è che, pur di inserirsi, si mettono a fare gli epigoni
degli epigoni degli epigoni…
Parlaci del progetto
del Parc
Ecco
lì la COOP, non perché è di sinistra, ha progettato quest'area dedicata all'arte.
Ci saranno una fontana e il
museo del lavoro che sarà in fondo al parco dove c'erano i magazzini della
Breda, che hanno restaurato. Anche qui i politici… è capitato un assessore
che è professore di filosofia, di storia, che si occupa d'arte, e quindi ha
interessi culturali e ha appoggiato questa iniziativa, a differenza di altri a cui non frega
niente…
Meglio adesso o quando
c'era Daverio?
(risatina
ironica)
Ma
Daverio non è uno stupido. È un uomo molto colto, preparato… non ha
lasciato, che mi ricordi, grandi eventi culturali durante il suo mandato.
Prendendo in esame gi
ultimi vent'anni, al di là delle mode, secondo te chi è che comunque si
afferma nel tempo senza subire declini?
Ce
ne sono ma non hanno raggiunto i livelli dei pittori del '900, non per le
tecniche ma proprio per i contenuti del loro lavoro. I Pomodoro per esempio,
Marino Marini, Manzù, quelli consolidati insomma. Comunque
secondo me, va a mode. All'inizio del '900 era di moda il Gotico, allora tutti
goticizzavano. Il Romanico era dimenticato. Piero della Francesca è stato
rivalutato nel '900… Poi c'erano quelli che innovavano nell'architettura,
nella pittura, scultura, arti applicate, ad esempio il Liberty, il razionalismo,
il costruttivismo, ecc... come forme d'arte che si affermavano allora.
Abbiamo visto una
mostra di Basquiat, notando una grande differenza tra le prime opere e le ultime che
ci sembravano molto meno sincere.
In
genere, questi artisti così istintivi, aggressivi, con una grande carica, dovuta all'alcol,
alla droga e a tutto il resto, allora sono sinceri… quello che sentono,
fanno… appena cominciano ad avere successo e ad avere un valore economico,
allora il mercato ti consiglia, ti indirizza e sei finito…
Altri
artisti istintivi, come Keith Haring, quello degli omini, sono ripetitivi: dopo
un po' si scoccia… e allora muore!
E invece Balthus?
No
quello è stato un grande perché aveva un'idea diversa dell'arte, della società…
perché in fondo è quello: quello che tu pensi e come vivi il tuo tempo, se sei
dentro il tuo tempo…
Non
c'è differenza tra uno che fa la figura e uno che non la fa, dipende dai
contenuti che gli mette dentro… Perché altrimenti è solo un esercizio
estetico, più o meno ad alto livello.
Tu dici che è
importante essere adeguati al tempo. Ma quanto è importante essere in dialogo
con il passato e la tradizione?
Ad esempio guardando la
tua produzione… sembra moderna ma c'è qualcosa che richiama la tradizione:
nelle prime
opere abbiamo colto un riferimento, un richiamo alla piramide e al
contatto con la terra, mentre in quelle più recenti c'è un richiamo ai menhir
e al contatto con l'aria, anche perché sembrano più precarie…
La precarietà, l'instabilità delle forme è presente anche nelle prime opere. Lavoravo sulla possibilità di dividere una forma piena e farla diventare un'altra cosa. Questi spostamenti, slittamenti ti cambiano l'immagine. L'arrivo al triangolo non è casuale. C'è stato un periodo in cui non mi soddisfacevano più le cose che facevo. Ho cominciato un lavoro sulle forme geometriche: dal quadrato, al cerchio… alla fine nel triangolo ho trovato più possibilità di sviluppo. Il cubo prendilo come vuoi ma non cambia…
Queste
sono sculture anomale, sono disegni tridimensionali, perché tu vedi davanti e
dietro che è il massimo nella scultura: immaginare vedendo da una parte sola
anche tutto il resto. Infatti i Greci dicevano che la scultura perfetta è la
colonna, perché da tutte la parti in cui la guardi sai com'è dietro. E loro
hanno molto lavorato su questo fattore, nelle Cariatidi nell'Eritteo, per
esempio.
Questa opera è del '65. È una Salomè. Si vede male ma ci sono i veli, la danza dei sette veli…
Nelle tue opere c'è
anche un richiamo al numero tre?
Sì, tutto è basato sul numero tre. È una scoperta dei Greci. I Greci hanno scoperto che moltiplicando tre volte una forma, l'impressione che hai vedendola è la stessa di quella piccola. Si chiama sistema dei tre compassi. Perché riportavano la misura con un compasso, quando riproducevano in marmo un modello piccolo. E questo veniva insegnato fino ai primi del '900, poi hanno cambiato tutto. Infatti oggi vedi delle cose che sono sproporzionatissime.
Nelle ultime opere
(Torri, Colonne) c'è un riferimento anche ai menhir?
Sì
perché le forme d'arte che mi attirano di più sono quelle preistoriche,
protostoriche.
In quest’altra opera dove si vede una piramide appoggiata su un solo vertice la precarietà s’impadronisce del solido… Anche qui è evidente una frammentazione… Nelle opere successive ho voluto invece esprimere la dispersione… come la precarietà. È vero che ho ripreso i dolmen. Infatti per me sono molto importanti i richiami all’arte greca, l’arte classica, come pure alla preistoria. L’arrivo alla forma geometrica è stato il frutto di un lungo percorso che è partito dallo studio della figura umana, come evidente in questi busti, per passare alla forma astratta arrotondata.
Uso vari materiali per i modelli e per le versioni definitive. Per i busti il gesso, e poi il marmo, per le sculture in metallo parto da legno o cartone...
Ecco, vedete quell'opera con i chiodi? A seconda di come la si guarda cambia l'immagine. Si ispira ai miei giovanili studi musicali. Infatti ricorda un rigo musicale.
Che tipo di studi hai fatto?
Ho lavorato anche in un laboratorio di fisica (! ndar). Alcune mie sperimentazioni si rifanno proprio a quell'esperienza.
E'
troppo azzardato, vedendo
le opere di 15 anni fa, pensare ad un esercizio di critica del Socialismo, laddove
le
ultime fanno più pensare alla constatazione del Capitalismo?
No,
non c'è nessun riferimento politico di quel tipo, cioè quello che intendo
rappresentare è l'instabilità. Noi abbiamo distrutto un po' tutto, senza
sostituirlo… c'erano un'infinità di certezze, la società con le sue
ingiustizie… noi le abbiamo
eliminate con le rivoluzioni degli anni '60/'70, demolendo senza costruire
niente, non avendo nulla da contrapporre se non delle idee velleitarie… e quello che
io sento è che siamo ad un livello di civiltà tra i più bassi degli ultimi
5/600 anni e l'instabilità di tutto. Non ci sono più certezze, non ci sono più
regole… ognuno vive e si crea le proprie. Non ci sono punti fermi a cui fare
riferimento. Per questo (le opere) sono delle forme instabili, crollano… Cerco
di rappresentare l'epoca in cui vivo.
Però nelle prime opere c'è più la presenza di uno stato ancora concepito come un insieme di regole…
Sì, in embrione c'era l'idea di modificare una forma, ma io sono molto lento nel lavoro, non ho dei cambiamenti repentini… quando ho cominciato gli ultimi lavori ero molto insoddisfatto di queste forme e cercavo di modificarle… però è stato un processo di modificazione lento. Poi logicamente il momento di passaggio è violento.
E non è stato facile fare accettare i tuoi nuovi lavori, anche ai galleristi.
Siamo sempre lì, il mercante è il mercante. Quelle cose erano già conosciute, consolidate… Quei mercanti che hanno idee, che ricercano nuovi talenti, non hanno i mezzi, mentre i mezzi li ha chi arriva un momento dopo, quando l'artista è ormai consolidato. In questo modo il loro guadagno ce l'hanno sempre…
Certo che è stato un
passaggio piuttosto coraggioso.
Anche perché mi sono sempre più convinto che esiste un binomio tra scultura e architettura. Cioè la scultura, in fondo, è un'architettura in piccolo. Io ho fatto dei lavori di costruzione, come una grande porta in un appartamento. Il problema è che manca la collaborazione tra artista e architetto fin dalla prima fase della progettazione: così l'architetto fa il lavoro e poi dice: "mettimi delle decorazioni". Invece il lavoro andrebbe fatto in comune, progettando insieme. Altrimenti allo scultore non resta che tappare un buco che l'architetto non sa come risolvere.
Altrimenti rischi di
creare un
altro Piazzale Cadorna…
Sì, quello è un esempio di architettura sbagliata. L'ago è bello, però è troppo piccolo, in rapporto alla piazza… ci vorrebbe una cosa che spacca tutto, anche perché è una piazza composita… in più c'è quel lavoro della Gae Aulenti, che è proprio brutto! Allora, com'è andata l'intervista?