RICORDANDO DEREK

 

Derek Jarman è morto ormai da alcuni anni, senza destare sorpresa anche tra i più benpensanti, che, finalmente, hanno smesso di scandalizzarsi per le vittime dell'A.I.D.S. L'incubo dell'A.I.D.S. aleggiava da tempo attorno a Jarman, le cui tendenze sessuali erano note, non perché fatte impietosamente oggetto di chiacchiere dai tabloids, ma perché velate nel binomio amore-morte, che ritorna in ogni suo film. Nemmeno la sua esperienza artistica ha sollevato grandi clamori, perché quasi sconosciuta al grande pubblico. Jarman oltre che regista e cineasta era un autore e, per di più, indipendente, cerebrale, visionario. A detta di molti anche scabroso, non solo per i temi trattati, cari perché intimamente vissuti, ma anche per lo stile delle sue trasposizioni in immagini; Jarman rifiuta la retorica, il patinato: la patina dorata cara a molto cinema di Hollywood fa da filtro al successo di un film, perché aiuta il pubblico ad allontanare i tabù e ad accostarsi allo spirito del film. Jarman invece mira alla nuda essenzialità. I suoi films appaiono spogli nei costumi, nelle scenografie dando spazio, libero movimento alle figure umane sulle quali è puntato, ravvicinato e talvolta spietato, l'occhio del regista. Al centro del dramma teatrale, allora, c'è solamente l'uomo che senza intralci può pensare e ripensare se stesso, senza cadere nell'egotismo. Problematizzando sé stesso, infatti, problematizza, coinvolge l'intero dramma umano, che non significa solo omosessualità, ma diversità in generale: dagli altri, da come essi ci vedono, da come noi ci vorremmo. L'uomo non può restare indifferente al confronto fra sé e gli altri. Da questo nasce la tensione che le opere di Jarman emanano, tensione verso sé, l'altro, l'oltre. Jarman non ha bisogno di attualizzarla girando il quotidiano, egli privilegia una tendenza a universalizzare che esprime nella trasfigurazione lirica senza tempo. Il suo lirismo non sprigionato solo dalle parole sempre misurate, ma anche dalle immagini stesse: forti, irriverenti, pudiche allo stesso modo. E' un lirismo tragico che richiama, così come la tragedia teatrale, anche la tragedia di una vita e testimonia ancora una volta la grande compenetrazione vita-arte.

 

CINZIA QUADRATI