GENI DA LEGARE

di Philippe Brenot

Piemme Pocket

Euro 8,90

Il libro dello psichiatra Philippe Brenot non è, come potrebbero suggerire l'infedelissima traduzione italiana del titolo originale (un più sobrio "Il genio e la follia in pittura, musica e letteratura") e la copertina (che su un Leonardo con tanto di anello al naso ci propone "Piccole stranezze e grandi ossessioni delle più eccelse menti della storia"), una semplice raccolta di aneddoti sui sommi artisti, da spulciare ogni qualvolta noi comuni mortali ci sentiamo rosi dall'invidia nei confronti di personaggi illustri, cercando consolazione e ottenendo riparazione vedendo quanta infelicità, quanto disturbo, quanta sfortuna ha accompagnato le vite dei grandi. Si tratta invece di un vero saggio, che si preoccupa di definire il suo campo di azione, prevede uno schema logico e rigoroso secondo il quale strutturarsi, azzarda con scientifica cautela ipotesi e conclusioni, senza però difettare in scorrevolezza o eccedere in tecnicismi teorici o linguistici. Encomiabile innanzitutto lo sforzo di togliere quanta più arbitrarietà possibile al termine genio, sostituendolo con "personalità creatrice originale, mediando tra i valori innovativi dell'opera e le sue conseguenze nel retaggio culturale dell'umanità", come quello di abbandonare la nozione di follia, in favore di quelle meglio declinate di psicosi, nevrosi, depressione e melanconia. Si passa quindi ad analizzare sotto diversi aspetti la contiguità, riscontrata in un numero sufficientemente significativo di casi, fra i due percorsi esistenziali e molto convincenti e coinvolgenti sono le pagine in cui si sviscerano, con un'ottica psicoanalitica, le connessioni fra la vita familiare e il risultato artistico, sbocco positivo di relazioni che potenzialmente avrebbero potuto condurre (e che spessissimo hanno condotto) alla sofferenza mentale. Altrettanto interessanti e perfino inquietanti sono i paralleli fra sintomi nevrotici e metodi e/o stili di vita artistici (monomania, iperattività, sbalzi d'umore, narcisismo, fantasie deliranti), adeguatamente supportati da riferimenti alla casistica medica e a specifiche vicende di insigni scrittori e poeti, musicisti e pittori, illustrate comunque senza morboso compiacimento, con l'ulteriore, conclusivo e suggestivo, aggancio allo sciamanesimo e ai suoi codici. Infine: d'obbligo una riflessione sull'interrogativo che, come un fiume carsico, scorre sotterraneamente lungo tutto il libro, a cui crediamo non si possa dare una risposta definitiva. Le gocce o gli interi boccali di follia, a cui hanno attinto le eccellenze nominate nell'opera, contenevano gli enzimi indispensabili per catalizzare il processo creativo oppure i capolavori (o l'unico capolavoro) ai quali si sono votate costituivano l'unico antidoto possibile alla malattia? Ecco, se dovessimo sintetizzare in una sola qualità i pregi di "Geni da legare", allora metteremmo in primo piano la sua capacità di sollevare questioni intriganti, piuttosto che sciorinare teorie e giudizi scontati. Raccomandato.

ANTONELLO QUARTA

DIGILANDER.IOL.IT/QUARTA