ASTENSIONE E OSTENSIONE

"Il popolo italiano non deve giudicare su questi temi!", così un'invasata esponente del fronte dell'astensione durante una tribuna politica: ci pensa, insomma, madre chiesa a pensare e giudicare per noi.

Perché questo è il punto: tanto a destra quanto a sinistra ci si affanna a certificare la legittimità della scelta astensionista, sia che venga da cattolici e reazionari (magari di secondo o terzo piano), sia che venga da sedicenti esponenti moderati riconvertiti dalla laicità alla genuflessione, sia soprattutto che venga dalle più importanti cariche dello Stato (i presidenti di Senato e Camera che invitano i cittadini italiani a non votare!). E si dice, mescolando ogni cosa nel solito italico calderone, che un po' tutti in passato abbiamo invitato all'astensione a seconda delle convenienze.

Al di là della legittimità formale c'è però una grande differenza tra il proporre l'astensione per evitare che troppo pochi vadano a votare e il proporre l'astensione perché in pochi vadano a votare; tra il dire non c'è stata sufficiente informazione perché la nostra posizione sia stata recepita e l'imporre che non ci sia informazione perché vinca la propria posizione (di fatto, quindi, riconosciuta come minoritaria nel paese).

Gli stessi che hanno proposto e imposto la legge 40, gli stessi che non hanno voluto un dibattito vero su questi temi, gli stessi che hanno messo la sordina all'informazione, si sono schierati per l'astensione, con due ossessioni: evitare un'espressione libera su temi delicatissimi; e tacciare di nazismo (o, più modestamente, di disprezzo e mercificazione della vita umana) chiunque esprima dubbi sul riconoscimento dello status di persona all'embrione.

E così tra trucchetti ed imbrogli (come l'iscrizione nelle liste elettorali di un milioncino di persone impossibilitate a votare) ci avviamo alla sicura mancanza del quorum, cui seguirà l'unica ostensione tristemente credibile: quella delle reliquie dello Stato laico, dei diritti e sopratutto della convivenza civile; spazzata via, quest'ultima, da un integralismo che temo maggioritario tra i cattolici.

Marco Franchini