L'ULTIMO PASTO

Egli prese il pane, lo spezzò, lo diede a Dell'Utri e disse: "Marcello, questo va diviso, che non faccia la solita fine!". Poi si girò, vide Gianni Letta e si toccò. Riprese: "Prendete e mangiatene tutti.". Lo interruppe Bossi: "Beh, ma non siamo mica un po' troppi?", disse guardando la stanza gremita. Egli sorrise benevolo: "Ce n'è, ce n'è per tutti, mangiate... Questo è il mio corpo, il sudore ed i sogni concreti di una vita, offerti in sacrificio per voi, per il bene della comunità.".

Dopo la cena allo stesso modo prese il calice, rese grazie a Previti che l'aveva procurato con la solita destrezza, e disse: "Questo è il mio sangue, anzi consentitemi, è anche qualcosa di più, il mio denaro, con cui bagnare questa grande alleanza. Forza Milan!". Bossi sbottò: "A me mi pare vino, un barbera, questo, bandito!". Egli rise di questo pittoresco personaggio e rinnovò il brindisi: "All'operosa Brianza, modello per l'Italia che vogliamo.". Nell'eccitazione Previti sfilò il portafogli a Buttiglione e Formigoni; quest'ultimo non se ne accorse nemmeno, tutto preso con una vistosa erezione a palpare Tajani credendolo la Maiolo. Buttiglione invece se la prese e volle in cambio del suo portafogli una polizza per l'auto con la tariffa minima. Egli promise di occuparsene, non poteva garantirlo non avendo più proprietà in questo campo. Gasparri e Frattini, che non reggevano l'alcol, si sfidavano intanto in una gara di rutti.

Più tardi Egli si fece meno luminoso in volto e disse: "In verità uno di voi mi tradirà...". Bossi diede qualche colpo di tosse, poi gli si avvicinò e disse: "Uhè, posso andare? Ho visto di là l'Albertina, mi è venuta voglia...". Si alzarono insieme, uno andò dall'Albertina, l'altro uscì nel bel giardino della bella villa. Lì sapeva di incontrare i suoi nemici. C'erano D'Alema e Veltroni, Castagnetti e Bertinotti, Amato e tutto lo Sdi, c'era la Francescato che teneva per mano Rutelli, seminascosto, e c'era Parisi; Martinazzoli riposava in macchina. Egli si sottopose ad insulti e calunnie, si lasciò depredare dei suoi beni ed averi, si fece picchiare persino dal simpatico Fassino, ma non perse mai il suo sorriso. Trovò anche il tempo di rilasciare al Tg4 alcune dichiarazioni: "Emilio, la libertà avanza inarrestabile, nani nazisti e comunisti non la potranno fermare.". Lo portarono dal Presidente Ciampi, che non ne volle sapere, e riprese a giocare a tris con i suoi amici astronauti della stazione orbitale. Lo portarono allora in Rai, e lì decisero di finirlo. Si rivolsero dapprima a Bordon, un estremista, ma questi rifiutò; si fece avanti Santoro, e non esitò.

Dopo tre giorni la Casa delle libertà fu riempita da una grande luce; una musica suadente, quasi un inno, si diffuse gradevolmente, ed Egli riapparve. Guzzanti si sorprese: "Venerabile, di già?!"; Egli lo fulminò con lo sguardo. Sgarbi volle toccare le ferite, e poi si innervosì. Egli disse solo: "Il popolo l'ha voluto, il popolo mi ha voluto!". Emozionato, Fini preparò subito i tricolori per tutti. Si diressero a Palazzo Chigi in un tripudio di folla; i soliti nani nazicomunisti non ci volevano credere, ma furono spazzati via dalla ritrovata giustizia. Egli fece arrestare subito due milioni di persone, anche tra i simpatizzanti, per fare come in America. Governò per centinaia di anni, sempre benevolo, giusto e sorridente.

Poi un giorno radunò tutti i suoi cari nel bel giardino della bella villa; mancava solo Gianni Letta, ma per scaramanzia. Annunciò che un angelo dalle fattezze di Prodi gli aveva chiesto la disponibilità a salvare l'Europa, come aveva fatto con Segrate, Basiglio e l'Italia. Egli aveva accettato, rinunciando al giusto e meritato riposo. Ascese a Bruxelles in un bagno di luce e cori di angeli, tra gli applausi. Casini si commosse: "Non avrà bisogno anche là?". Si fecero avanti Storace e La Russa per consolarlo, ma Casini si spaventò. Dovettero assicurargli che non avrebbero usato l'olio.