Cosa vuol dire short-lived exercise secondo me (luana bardinella).

 

THE FINAL COUNTDOWN
Sono in un locale, c'è gente, fumo, una band. Esco.
Mi trovo a camminare, è notte, nessuno intorno, comincio a correre, corro, corro più che posso, corro e penso: "come cazzo è che sto correndo così tanto?". Le mie gambe vanno da sole. Non ho più fiato. Il cuore lo sentivo battere prima, adesso l'apnea del mio respiro sovrasta tutti i rumori. La corsa ora è il mio scopo. Vivo per correre. Ho trovato la mia condizione. Correre così per sempre nella città notturna, rischiarata dagli allarmi dei palazzi comunali e dalle luci dei camion della nettezza urbana, dal riverbero delle pozzanghere. Quanto potrò durare? Quando le mie membra si sfalderanno per la stanchezza, non avrò nemmeno lo sprone di un obiettivo, una meta da raggiungere, dal momento che corro senza motivo, senza un perché e senza andare da nessuna parte. Va beh, mi fermo.
Mi aggiusto i capelli e spiegazzo il vestito da dama dell'ottocento che ho indossato stasera. Una stecca di balena del busto mi ha infilzato il torace che comincia a sanguinare. Delicatamente lo sfilo dalla mia carne e lo lancio in aria sperando possa un giorno evolversi in astronave. Che possa tramutarsi nel simbolo dell'impegno dell'uomo, dell'intelligenza volta a scoprire i misteri dell'universo. O almeno che possa da costola di busto di taftaf generare uno smoking.
Odo un suono. Una musica ipnotica si impossessa dell'aria, sto per avere un incontro che mi cambierà la vita. Questo è ciò che dice il mio sensore di bioritmo portatile. Incontro un cane. Anzi due. Poi c'è un gruppo di amici all'uscita di una tratto-eno-gastro-birra-panetteria. Poi ci sono un po' di auto che sfrecciano sulla circonvallazione. Poi ci sono io che aspetto la sostitutiva. Poi arriva la sostitutiva. Adesso mi incazzo.
Vado a casa e mi sfilo le calze che autoreggono le mie cosce. Suonano alla porta. È la mia vicina che assolutamente mi vuole far partecipe di un fatto incredibile e inaudito che le è capitato ieri sera. Tre sconosciuti hanno bussato alla sua porta. Salvo per i tacchi a spillo e i collari di piume di struzzo attorno al collo, sembravano tipi a posto. Così hanno fatto amicizia e adesso vivevano lì da lei. Inoltre mi chiedeva se per favore non è che per caso avessi un barattolo di miele anche aperto, perché sai a quest'ora non è facile trovarlo. No, la mia dispensa è vuota, non ho il miele. Quando vado a fare la spesa riempio il carrello di ogni bene e poi lo abbandono vicino al bancone degli integratori.
Sembra convinta della mia spiegazione, così mi dà la buonanotte e toglie il disturbo.
Cazzo! Son due sere di fila che mi faccio la maschera e vado a letto. Adesso basta.

(to be continued)