Capitolo 3.


LA DEGENERAZIONE DEL “FUMETTO NERO”
3.2 Il Fumetto Neofascista.
 

il caso Sansoni (apologia di Ettore Muti).
 
 
 

 

 

L’onda avvolgente del ricordo accorato riporta a riva vecchi fantasmi che sarebbe stato meglio non resuscitare. Protagonista di un increscioso episodio fu Gino Sansoni, marito di Angela Giussani e direttore delle Edizioni Astoria, promotore fra l’altro di Horror, rivista specializzata nel macabro ultrasensoriale, che nel suo primo periodo si distinse per la buona qualità di storie e disegni, nettamente distaccandosi dagli altri albi "neri". Nell’ultimo numero della nuova serie della rivista, l’editore decide di intervenire direttamente, firmando per la prima volta un pezzo di suo pugno. È capitato al focoso editore di leggere una puntata di "Ricordo perfettamente", grottesco memoriale sugli anni del fascio, in cui Nino Vascon si mette nei panni di Carmine Bellezza, anonimo funzionario. Vascon, che ha pubblicato il suo diario immaginario prima sul Mago e poi su Linus, rivede i panni a tutti i maggiori personaggi del ventennio, e nella puntata uscita su Linus nel novembre 1972, si occupa di Ettore Muti, medaglia d’oro, ardito sfegatato, persona vigorosissima e amatore instancabile.

Temutissimo nei salotti perbene dove faceva strage di cuori e scombinava le famiglie, era tuttavia ricercato dalle donne d’ogni condizione, temuto e invidiato dagli uomini. Dirò francamente che questo tipo di personaggio mi era di volta in volta, espressamente simpatico quanto poteva essermi antipatico e insopportabile per le continue smargiassate e mangiate e bevute con i suoi conterranei romagnoli, e conventicole postprandiali punteggiate (mi si perdoni la libertà e con decenza parlando) da fenomeni d’aerofagia e terribili meteorismi.
Sansoni si affretta a scrivere, alla rivista colpevole della pubblicazione, una fiammeggiante lettera, apparsa senza commento ma con un titolo sottilmente ironico, "Fulgido esempio…", sul Linus del marzo 1973; e soprattutto riempie cinque pagine del suo giornale con un farneticante elogio di "Muti Ettore, sangue romagnolo e immacolato eroe dell’Italia guerriera". Sansoni parte col piede sbagliato ponendo come titolo all’appassionata arringa, al tempo stesso requisitoria contro Vascon e difesa di Muti, l’espressione di sapore littorio "Le pagine del voltastomaco", incalzando nel sottotitolo "Ma quando la piantiamo?". L’editore si dichiara invero antifascista e non c’è nessuna ragione di dubitare della sua onesta buona fede. Ma basta leggere l’attacco del pezzo e subito vengono i brividi: "Buon giorno, signor Nino Vascon ella è cortesemente invitata, al mattino, quando si fa la barba, di concentrarsi un momento e, quindi, di sputare deciso sullo specchio che lo ritrae". Il tono della polemica è di taglio squisitamente squadrista e difatti, sottolineato che Vascon ha scritto il suo articolo "intingendo la penna nello sterco", Sansoni passa a magnificare le glorie di Muti, non senza tracciare un quadro generale dell’Italia del 1943 che, a dir poco, si presta a suscitare equivoci. Deprecato che una rivista a fumetti accreditata e molto diffusa rinfocoli ancora gli antichi odi, vecchi di cinquanta anni, infangando la figura di un caduto nella "guerra fratricida", Sansoni si domanda preoccupato:
Ma è concepibile che, in una fase così delicata e difficile per la Nazione come quella che stiamo attraversando, con tutte le rogne politiche, sociali ed economiche che ci troviamo, ci siano ancora degli italiani i quali, in una rivista di fumetti, a molti giovani che molte cose non sanno (o le conoscono travisate) continuino a propinare menzogne e storie false e faziose per aumentare il solco che divide ancora troppi italiani in guelfi e ghibellini, in bianchi e neri, in cittadini di serie A e in cittadini di serie B, in buoni pii e in reprobi e dannati. E tutto ciò mentre "uomini veri", al di sopra delle barricate e dimenticando la fazione, cercano, con tutti i mezzi, scevri di rancori e pervasi da un senso di umanità che li onora, di riconciliare i nemici di ieri, gli avversari in un periodo che in tempi civili, almeno nelle sue peggiori versioni, è tutto da dimenticare! A Perugia in un raduno memorabile si ritrovano, con animo sereno e sgombro da ogni antico rancore, i soldati che combatterono, a viso aperto e lealmente, in opposte trincee ("quelli" della Repubblica Sociale e "quelli" del re); fraternizzano attraversando le strade della bella città umbra cantando, tutti in un unico coro, "Fratelli d’Italia".
L’articolo prosegue così per un pezzo; qui basti dire che l’incredibile servizio è completato da adeguate decorazioni (saluto romano, tricolore, fez coloniali e gagliardetti della X MAS), foto, medagliere del fiero Muti e citazioni sparse a testimonianza della fortissima tempra del compianto "Gim dagli occhi verdi". Tutto il campionario viene qui sottolineato non per intentare un processo contro l’editore Sansoni, oggi defunto, che magari ha candidamente agito per fatto personale. Certo la domanda base che egli si pose – "è concepibile che…" – si ritorce contro di lui; e si potrebbe controbattere che il suo colorito linguaggio, utilizzato magari sotto la spinta di un’emozione intima e profonda, sarebbe stato sottoscritto dagli onorevoli, ex-camerati, del MSI. Per Sansoni negli anni "fratricidi" c’erano soltanto "quelli del re" e "quelli di Salò", su opposte barricate ma tutta gente eroica; di partigiani neanche un accenno. Perché ricordare simili sciagure? Meglio crogiolarsi nella memoria delle imprese di Spagna, al servizio di Franco, o in Africa alla conquista dell’Impero. Che una rivista di fumetti, liberamente in circolazione nel 1973, osi avventurarsi in simili sfacciate rivendicazioni nostalgiche è decisamente inconcepibile, molto più dell’ironico diario del Vascon.