Capitolo 3.


LA DEGENERAZIONE DEL “FUMETTO NERO”
3.2 Il Fumetto Neofascista.
 
 

fascismo e nazismo.
 
  


 
 
 

Il personaggio più noto e che riscosse maggiore successo, tra questi fumetti che ostentano un neofascismo libero da reticenze, è Goldrake l’agente playboy, il quale prima che l’eroe, vuole rappresentare il vero uomo degli anni Sessanta e trova, nell’arte grafica dei fumetti, un nuovo modo immediato e irresistibile di comunicare al lettore. La scheda fornita dalla casa editrice, la famosa RG, così presenta il personaggio:

Willy Holden di Valmarin: nato a Venezia il 3 ottobre 1934 dal miliardario bostoniano Ray Gregory Holden e dalla contessa Pia Beatrice Valmarin. Laureato in legge all’università di Ythaca (New York). Nel 1965 diventa agente speciale della CIA divisione sabotaggi. La sua sigla "Goldrake" deriva dalla combinazione delle parole Gold (oro) e Drake (l’asso della pirateria). Il comandante Goldrake veste molto ricercatamente, si interessa di antiquariato e collezione quadri d’autore. Egli è membro dei più riservati club internazionali.
Ecco un modello di riferimento per tutti gli aspiranti playboy della provincia italica. Il fumetto infatti viene presentato come una specie di galateo moderno per l’uomo di successo, una lettura di sano erotismo che insegna, in una rubrica in appendice, "a conquistare una bionda sofisticata, essere eleganti senza spendere troppo, arredare una garçonniere, circondarsi di cose belle, filare col vento in poppa nella vita." Nell’eroe vi sono tutti gli ingredienti necessari: la patente di nobiltà, l’eleganza nel vestire, la mania dell’antiquariato che fa sempre tanto fino, l’accesso in quella specie di paradiso terrestre che è il bel mondo internazionale fatto di belle donne, di miliardi, di alberghi di lusso e di spiagge alla moda, di viaggi in paesi esotici e di sport aristocratici. Se a questo aggiungiamo che i disegnatori hanno dato a Goldrake il volto di Jean-Paul Belmondo, divo degli anni Sessanta molto ammirato da uomini e donne, il gioco è fatto. Il fascismo potenziale di queste storie è presente nel gusto della violenza come potenza e dominio di pochi sulla massa, nello sprezzo per la donna, nel piacere di profanare la sua verginità, nell’affermazione di una goliardica vita amatoria. Da buon superuomo l’agente della CIA crede nella violenza risolutrice e sa esercitarla in tutti i modi (karatè, judo, pugilato, tiro con la pistola, esplosivi, coltello, etc.) è affetto da anticomunismo viscerale e da razzismo congenito: tutti coloro che non sono bianchi sono da considerare esseri umani di serie B, salvo eccezione per le donne valutate sotto il profilo sessuale ("Ha ragione mia madre quando dice che i negri valgono soltanto come elemento decorativo, specialmente negli affreschi del ‘700! Per il resto sono fonte di seccature!"). Nella sua vita un’importanza particolare ha il culto della virilità: egli trascorre gran parte della sua esistenza disteso sui letti di tutto il mondo intento a soddisfare, come uno stallone di razza, voglie femminili, esibendosi in prestazioni continuate con molteplici variazioni sul tema (Partner: "Adorabile porcellino, pensi sempre a quelle cose…"; Goldrake: "Sono le uniche che nella vita meritano attenzione, non sei della mia idea?"). Al disprezzo verso gli invertiti si unisce una certa propensione verso le lesbiche che il "grande maschio" cerca di ricondurre sulla retta via. Esemplare a questo proposito è il rapporto fra Goldrake e la sua mortale nemica, Madame Brutal, che lo odia sia perché ostacola le sue imprese delittuose, sia perché durante uno scontro è rimasta sfigurata e ha perduto una gamba. Fortunatamente la chirurgia plastica l’ha fatta ritornare una femmina meravigliosa, conservando però l’odio per Goldrake ("Goldrake è l’uomo che più odio al mondo… È stato l’artefice dei miei insuccessi, mi ha perseguitata senza sosta, mi ha umiliata fino alla disperazione…"), le sue tendenze saffiche e naturalmente il suo sadismo. La dolce creatura è impegnata infatti ad inventare, con fantasia e competenza, originali e complicati supplizi per intrattenere le donne che ama. Per quanto riguarda i contenuti politici del fumetto, Goldrake è nato nel clima della distensione e quindi non ha come avversari i russi, anzi questi sembrano quasi alleati, tanto che al fianco dell’agente lavora un colonnello del KGB, la stupenda Ursula, che non a caso assomiglia fisicamente all’omonima Andress. Pur non disdegnando altri partners, la ragazza va regolarmente a letto con Goldrake, gli salva diverse volte la vita e a sua volta deve subire complicate torture sessuali da parte di comuni nemici. Le avventure dei due eroi seguono solitamente due filoni: quello del normale giallo, che li vede impegnati contro criminali spietati e quello politico, che vede la coppia battersi contro i comunisti cinesi, nordvietnamiti, vietcong ("Dove i rossi mettono i loro artigli, cambia tutto… Il sorriso si tramuta in pianto"). Si tratta di gente bestiale "con una luce perversa nello sguardo animalesco", pronta a compiere nel nome di Mao le torture più crudeli e gli stupri più efferati. In uno dei tanti episodi un carnefice giallo, il "boia di Pechino", è dipinto addirittura come un cannibale che mangia a morsi le sue vittime. Saltuariamente compaiono anche i terroristi arabi di "Al Casthrà" e i paesi dell’America Latina inquinati dal "morbo comunista" ("Cuba una volta era la terra della musica e dell’amore… Adesso è un campo di concentramento"). Questo tipo di anticomunismo opportunamente selezionato, che elimina l’URSS dal numero dei nemici da combattere permette di conservare le frange dei lettori legati ai partiti filosovietici. Il disprezzo per gli avversari di un’altra razza non è privo di risvolti sessuali. i cinesi sono quasi tutti "schifosi pederasti" pervertiti; non si salva neanche il presidente Mao, che trascorre la notte col suo amichetto "Ciapp-Ciapp", e al mattino detta i famosi pensieri al compagno "Lekka-Kul" ("Cosa racconterò oggi ai miei settecento milioni di fessi più tutti gli altri sparsi per il mondo?"). Nato come fumetto d’avventura con chiara impostazione politica, con il tempo in Goldrake si è andata esasperando la componente pornografica e sadica sottolineata spesso da un linguaggio decisamente scurrile. Analizzerò ora più da vicino, a titolo esemplificativo, alcuni numeri della serie. La prima avventura, numero 146 "Il bombardiere rosso", si apre con l’esplosione di un traliccio che getta nell’oscurità Buenos Aires. Subito dopo si vede nella sua splendida villa nei pressi di Lima, "capitale del Cile", il milionario Giongi Suonatos, che nella faccia e nel nome ricorda Giangiacomo Feltrinelli, e ha l’hobby degli esplosivi. Naturalmente ha una moglie stupenda, elegantemente definita "un pezzo di manza", la quale sentendosi trascurata dal marito che "passa il suo tempo nella sua tenuta a far saltare alberi, monticelli di terra, capanne, tralicci… ad ogni botto risponde con un corno!" Mentre Goldrake, arrivato sul posto e subito insospettitosi, va a letto con la moglie e si impadronisce di un’agenda con gli spostamenti del miliardario, questi si incontra sulla sierra con i "caghisti", cioè i membri del CAG (Comitato Azione Guerriglieri) che gli ordinano di uccidere il presidente della Super Motor Automobili. Durante il ricevimento offerto dal presidente Allende, l’industriale Oscar Picarro annuncia che vuole aprire una nuova fabbrica in Cile perché "contribuire alla prosperità di una nazione è un dovere" e subito dopo si lamenta con Suonatos, dicendo che "questo governo sta conducendo il Cile alla rovina, e se non interveniamo noi privati…". Goldrake è ormai sulle tracce del miliardario e lo sorprende mentre, vestito da guerrigliero, è in procinto di far saltare un piccolo ponte nella sua tenuta. L’agente della CIA, giustiziere del mondo occidentale, aziona il detonatore facendo morire Suonatos sotto le macerie del ponte, quindi torna tra le braccia della vedova inconsolabile.Nel seguito dell’avventura Goldrake si reca in vacanza ad Acapulco, intento a sventare una serie di diabolici attentati messi in atto da un gruppo di guerriglieri, denominati con finezza "Tucamerdos", che vogliono vendicare la morte di Suonatos. L’eroe viene salvato dall’intervento di Ursula, inviata in missione dall’Unione Sovietica per eliminare i guerriglieri, perché "la loro folle politica reca molto danno soprattutto a noi sovietici…". La seconda avventura è ambientata nella libera Repubblica del Tropicagua retta dal nobile presidente Juan Nunez molto amato dal popolo; ma alle sue spalle trama il bieco generale Barranca, esponente dell’estrema sinistra. Sui monti si è asserragliato Paco Fuente, capo guerrigliero anticomunista, uomo bello, leale, coraggioso che si propone di liberare il Tropicagua dai "sovversivi". Frattanto è arrivata una delegazione cubana guidata dal console Alonso Stronzo (altra finezza), di cui fanno parte il celebre sarto Segos, Ursula e l’agente russo Grigori. Durante il ricevimento in onore degli ospiti, i guerriglieri nazionalisti attaccano la capitale; Barranca approfitta della situazione per uccidere il presidente che vorrebbe trattare. Sarà Goldrake a eliminare il tiranno comunista stangolandolo e Ursula, che era rimasta vittima delle voglie sadiche di Barranco, può esclamare: "Ora il Tropicagua è tornato ad essere un paese libero!". L’agente Goldrake non si limita ad accendere l’animo di chi legge con le sue epiche imprese, ma intrattiene anche un dialogo diretto con gli ammiratori più fedeli, tramite una rubrica di piccola posta. In alcuni numeri, molto cavallerescamente, lascia lo spazio alla sanguinaria Madame Brutal, che anche nei contatti epistolari si mantiene fedele al suo nome. A un giovane lettore che le domanda: "Quando torturerai a dovere un uomo?", Madame risponde: "Ti confiderò che quel che tu mi chiedi, l’ho fatto più e più volte, e con una perversa gioia infinita. Purtroppo non tutte queste mie avventure si possono pubblicare: ci sono troppi stomaci delicati e troppe donnicciole che svenirebbero se vedessero di quali torture sono capace". Goldrake invece preferisce parlare d’amore, spronando con ironiche frecciate i più timidi e magnificando le proprie virtù: "Pratico molti sport, soprattutto per tenere il corpo in allenamento; ma cavalcare è la mia passione, soprattutto se la cavalcatura è una bella donna, appassionata, vibrante di sensualità e profumata".

L’esaltazione della sensualità prorompente acquista un antico sapore littorio in un altro "stallone" delle Edizioni "RG", battezzato con drastica semplicità nazionalista "l’Italiano", corsaro di spalla del ciclo di Jolanda de Almaviva. Quando è libero da impegni marittimi o guerrieri, lo sbrigativo pirata è capace di accontentare in un solo giorno i ghiotti appetiti di un’intera tribù di statuarie amazzoni; l’unica donna da lui risparmiata è proprio l’ex pulzella Jolanda, sentimentalmente legata al suo capitano Jean Lafayette. Tutte le altre si inchinano ai suoi piedi di dominatore: l’orgoglio dei grandi amatori latini, che nei fumetti d’anteguerra non potevano vedere esplicitamente cantate le glorie dell’alcova per i limiti della censura, trova in lui piena e ripetuta soddisfazione. Tra i molti autori anonimi della serie, spicca il tratto già riconoscibile del giovane Milo Manara, futuro interprete, a ben altri livelli, del fumetto erotico. L’alter ego femminile di Goldrake si chiama Helga ed è un agente che lavora per gli "Angels", un’organizzazione che si propone di portare la pace nel mondo, ma che in realtà sostiene determinate forze politiche. Organizzazione "democratica", essa si batte contro gli estremismi di ogni genere, ma è sempre schierata a fianco delle potenze occidentali. I contenuti pacifisti di questi racconti, che in realtà sono storie di guerra, servono solo a mascherare alla meglio l’esaltazione della violenza che emerge in ogni episodio. Helga, coperta solo da un minuscolo reggiseno e da uno striminzito gonnellino, ma armata fino ai denti corre da un punto all’altro del mondo per poter prendere parte alle molte guerre e rivoluzioni che si combattono nei vari continenti, dal Biafra al Vietnam, da Israele all’America Latina (dove si batte contro guerriglieri fanatici guidati da ufficiali cinesi spietati). Un altro epigone di Goldrake, apparso nelle edicole nel 1972, è Playcolt, alias Alan Velon, "affascinante, intrepido, grande amatore, playboy miliardario, caccia i criminali come i suoi avi cacciavano la volpe". Ecco come viene tratteggiato nell’introduzione del primo numero:

34 anni, miliardario, azionista di un vasto impero editoriale. Bell’uomo, dedito ad ogni pratica sportiva, campione di tiro alla pistola, Alan Velon vive la maggior parte dell’anno a Barracuda Island, la sua isola privata a tre ore di volo da New York. Spregiudicato, amante della vita avventurosa, Velon frequenta il gran mondo internazionale e colleziona flirt con le più belle donne, pur essendo legato sentimentalmente all’attrice cinematografica Lizzy Scarlett, la bomba del sesso, come viene definita in America. Dotato di un innato senso della giustizia, Velon abbandona spesso i panni di editore miliardario per diventare il cinico e spietato Playcolt, pronto a correre in aiuto dei deboli e degli oppressi.
Questo satrapo moderno ha il culto della violenza e della virilità; non è esente da una certa dose di razzismo, infatti nelle sue storie i negri o sono criminali o sono individui sporchi e sottosviluppati; naturalmente fanno eccezione le negre quando sono belle, il fedele servo negro ex pugile Clay, la giapponesina Taia segretaria tuttofare.Si tenta di creare un’atmosfera raffinata, perché alla sua tavola si mangiano caviale "beluga" o granchi di scoglio, si beve "Chablis" o champagne "Taittinger 1961", ma poi il linguaggio è scurrile, le situazioni estremamente volgari e la sua amante ufficiale, anche se appare così elegante e proviene dal mitico mondo hollywoodiano, parla e si comporta come una prostituta. Come Goldrake anche Playcolt ha una feroce nemica nella persona di Linda Darnel, una ricchissima vedova che usa come nome di battaglia "Za la morta". Immancabilmente saffica e sadica, ricorda Madame Brutal anche nell’abbigliamento a base di feticci sessuali. essendo bellissima, è stata violentata più volte da Playcolt che ha un debole per le lesbiche; da questo fatto è nato l’odio implacabile e la sete di vendetta di Linda. Nel mondo di Playcolt lo Stato sembra essere completamente assente e, senza il suo aiuto nei panni di poliziotto, giudice, boia, gli Stati Uniti sarebbero in balia di criminali, dirottatori di aerei, hippies assassini, ecc. Grazie a Playcolt rifiorisce il mito del denaro che può tutto, che permette di costruire un impero privato, uno Stato nello Stato al cui vertice sta un superuomo bello, bianco e invincibile. La struttura statale, solitamente assente nelle storie di Playcolt, si rivela come assetto politico-economico preoccupato di conservare le proprie posizioni attraverso una logica del potere che giustifica qualsiasi azione criminale, un logica di fronte alla quale lo stesso Playcolt rivela i suoi limiti, accettandola supinamente.Sterminatore di delinquenti da quattro soldi, superman della violenza e del denaro, Playcolt si arresta impotente e rispettoso di fronte ad un potere che si difende con cinismo, sacrificando vite umane in nome del popolo, della democrazia e della pace fra le nazioni. Al di là di tutto questo vi è il disprezzo per i metodi democratici, la convinzione della loro inutilità, la certezza che i politici devono essere uomini di ferro al di sopra del bene e del male, capaci di amministrare la volontà e i sentimenti delle masse, eliminando gli ostacoli che si frappongono all’esercizio del potere e schiacciando ogni cosa che minacci il destino della Nazione.

Attraverso forme per lo meno ambigue appare la strisciante esaltazione del nazismo contenuta nella serie di Hessa (l’esse geminata è calco grafico della sigla delle SS), comandante delle Sextruppen, un reparto speciale appunto delle SS del Terzo Reich. Nelle avventure di questa eroina, che fa dello "sterminio la più acuta delle voluttà", appare una continua condanna verbale del nazismo, ma alla fine Hessa si presenta come personaggio positivo che attrae le simpatie del lettore, per cui la rappresentazione del nazismo come dittatura crudele passa in secondo piano. Senza contare che, se vi è la tendenza a ripudiare l’operato di Hitler, si hanno spesso da parte sua aperte professioni di fede nazionalsocialista. Il disegnatore Zeccara ha riempito l’intera serie di grassi gerarchi libidinosi, capaci di ogni violenza. Anche Hitler, quando compare in prima persona, è dipinto come un nevrotico isterico, comandato a bacchetta dalla gelosissima Eva Braun. Hessa sfugge con repulsione agli impuri assalti dei nazisti gallonati: è invero rosa da qualche incertezza. Non per niente, quando riuscirà a superare i gravi blocchi psicologici che la tormentano – a dieci anni ha subito una tentata violenza carnale dal padre, crudele gerarca – donerà la preziosa verginità a un biondo partigiano olandese, suo amante segreto.

Hessa continua le sue avventure di nazista discinta, teschio in fronte e scudiscio alla mano. Ovviamente il modello che funziona è quello visibile di Hessa nazista. Hessa in crisi è l’alibi per la Hessa senza crisi, ed Hessa è desiderabile e desiderata dai suoi amanti e dai suoi lettori proprio perché la crisi non è risolta.
Al di là delle interne remore la formosa nazista – il suo giubbotto è sempre generosamente sbottonato sul seno abbondante – combatte fedelmente per la Germania, compiendo qualsiasi impresa delittuosa, non indietreggiando di fronte ad alcun ordine del Führer, eseguito anzi con spietata efficienza. Sessualmente molto libera, Hessa ama scegliersi con cura i propri partners anche se non disdegna rapporti con il suo sesso, ha infatti un’amante fissa nella persona della contessa Frida, agente della Gestapo. Pur essendo infarcite di sadomasochismi e di diversi meetings sessuali, queste storie vedono l’eroina tedesca impegnata soprattutto a combattere i nemici della patria, sfiorata appena da qualche dubbio ("Potessi lavare in quest’acqua tutto il sangue di cui le mie mani hanno dovuto imbrattarsi! Chi crea un ordine nuovo d’altronde, deve procedere con durezza intransigente… il benessere della nazione lo esige"), dubbi del resto fugati da poetiche certezze ("Il destino superiore dei figli del Terzo Reich stenderà su di noi le sue ali possenti"; "Solo il bene della patria ci accompagnerà sempre!"; "Quando si ha un ideale in cui credere e per cui combattere, niente e nessuno potrà fermarci!").Il colonnello Hessa, su tutti i fronti dell’Europa in guerra, ha un solo compito, una sola consegna, "quella di sempre: uccidere!"; i nemici vanno sterminati senza pietà: a colpi di mitra, impiccati, crocifissi, stritolati sotto i carri armati. Hessa procede imperterrita per la sua strada, perché a lei è stato insegnato che "il mondo siamo noi, i Nazionalsocialisti", ed uno dei suoi partners sessuali commenta: "sei l’immagine della Grande Germania". Il personaggio non è esente anche da una certa dose di razzismo: quando in Africa una regina negra tenterà di possederla, Hessa, pur non disdegnando i rapporti saffici, risponderà: "Toglimi subito quelle luride mani di dosso!". In un’altra storia alcuni negri mostrano interesse per le sue "bellezze" ed Hessa risponde loro con odio: "No, negri, rifiuto della terra! Preferirei accoppiarmi con vipere e sciacalli in foia!". Una volta, rimasta ferita, viene salvata da un medico grazie alla trasfusione del sangue di una ragazza negra; disperata per la sua purezza razziale contaminata, Hessa medita addirittura il suicidio, quasi impazzita soffre di allucinazioni e vede dovunque orridi volti neri. Solo la totale sostituzione del sangue le restituisce la pura linfa ariana, riammettendola nell’élite nazista. Il taglio squadristico del personaggio è confermato anche dalla rubrica "Feld-post, la posta da campo", introdotta a partire dal numero 34 ("La spia venuta dal sangue"), dopo che in precedenza erano stati pubblicati in appendice brani esemplari del Mein Kampf. Il tono della corrispondenza è inequivocabile: i lettori sono chiamati "kameraden", "heil" è il saluto preferito, ogni risposta è un invito alla virtù dura e virile, all’amore del rischio e dell’azione. Contro i "falsi educatori" che l’accusano di incitare i giovani alla violenza, viene replicato: "Hessa insegna ai giovani ad avere midollo spinale. La vita va affrontata, non subita stupidamente". A un ragazzo che vuole andare volontario in qualche esercito speciale, la nazista consiglia sottovoce la Legione Straniera francese e quella spagnola stanziata a Ceuta, o magari i marines americani: "Sta’ tranquillo che qualche guerra te la becchi subito". Non manca una fidanzata che si lamenta perché il suo ragazzo, distratto dai nazi-giornalini, la trascura. Qui Hessa ha buon gioco per magnificare le sue doti e disprezzare le mollezze degli "intellettuali rammolliti":
Innanzi tutto a me le smancerie dei fidanzati altrui non piacciono; poi, detto fra noi, non so nemmeno se il tuo ragazzo sia un fusto di quelli che piacciono a me; che so, un panzergranadier, un ussaro della morte, un capitano della Feldgendarmerie, un sergente dei panzer, un pilota di Stukas. Io ho il sospetto di no… E poi fino a che un ragazzo si diverte a leggere le avventure belliche di una Hessa che vive lontano da lui centinaia di chilometri, io non vedo come tu possa avere timori o gelosie. O preferiresti forse che leggesse le poesie di Pasolini? Se si appassiona alle mie storie di guerra, alle mie avventure, vuol dire che ha sangue nelle vene. E di questi tempi con tanti rammolliti in giro, puoi stare ben contenta!
Forse perché la casa editrice (la solita RG) si accorse di essersi spinta troppo in là, la serie Hessa fu sospesa col numero 47, il 18 agosto del 1972. Anche senza esaltare direttamente le svastiche, vecchie e nuove, ma limitandosi a una diffusione di velati ideali fascistizzanti, comparvero in Italia, agli inizi degli anni Settanta, collane con strisce belliche, importate dall’Inghilterra (Supereroica, Supergloria, Victor), che ricostruivano le imprese, durante l’ultima guerra, degli "eroi dell’aria, i fantastici acrobati di mille vittorie strappate nel dominio della morte, i duelli roventi, combattuti nel cielo di mari tempestosi", guardando gli avvenimenti dalla parte degli anglo-americani.
Ma saremmo assai ingenui se riconoscessimo il fascismo solo quando inalbera il gagliardetto: tutta l’impostazione di questa produzione è più o meno inconsciamente fascista. Vi è di fascista la santificazione della guerra, occasione nella quale occorre essere violenti e fare cose anche terribili, perché superiori ragioni lo richiedono; vi è l’esaltazione dell’ardimento, del valore muscolare, della bella morte, del sacrificio pressoché gratuito, della dimostrazione del proprio valore a tutti i costi; vi è l’esaltazione dell’ufficiale duro e inflessibile, del gregario deciso, del sergente istruttore disposto a far crepare i suoi uomini pur di farne dei veri soldati. Vi è l’assenza di ogni elemento affettivo in una totale mancanza di personaggi femminili, che curiosamente appare ben più sadica ed eroticamente ambigua dell’abbondanza di seni e rotondità callipigie che rallegrano invece i fumetti sadomasochisti italiani. Su queste pagine i giovani picchiatori littori imparano più facilmente il mito della virilità coraggiosa che non sulle pagine dei nostalgici foglietti editi dai gerarchi di un tempo.
Stimolato dall’esempio del colonnello Terry Lee, bravo americano passato attraverso i decenni dalla caccia ai pirati alla lotta contro i feroci vietcong, qualche fumetto italiano (Banzai) affrontò senza scrupoli la guerra del Vietnam, dipingendo come barbari macellai sanguinari, uccisori di donne e fanciulli, i nemici dei leali marines. Nello scontro frontale tornano immutati gli antichi schemi manichei, di là una massa di bruti selvaggi assassini e vigliacchi ("I comunisti non sono mai troppi per un marines"), di qua dei cari giovanotti che danno generosamente la vita, per una guerra che non li riguarda direttamente e investe la difesa della civiltà.
La retorica che dilagava nei giornali per ragazzi durante il periodo fascista impallidisce e diviene poca cosa al cospetto della retorica dell’ideale che condisce questi piatti grandguignoleschi. Una mente, non diremo adusa all’esercizio della critica, ma appena adulta di certo è colta da un senso di nausea prima ancora di opporre un rifiuto. Ma che conta? Per questo lettore è soprattutto importante scordare la "sua" grama realtà di uomo sconfitto e, attraverso una sequela di emozioni cosiddette forti, trasferirsi nell’immagine dell’Eroe.
In tale clima non stupisce che alcuni editori, spinti anche dal dilagante fenomeno del fumetto d’antiquariato, ristamparono vecchi album del ventennio: il famoso Dick Fulmine, ripubblicato dall’editore Corno e Romano il legionario, il vittorioso combattente di Spagna e d’Africa, imparentato per l’accentuato tecnicismo ai giornaletti di guerra, riproposto per la gioia dei nostalgici ammiratori dai fratelli Spada, i quali annunciando una loro nuova pubblicazione, I quaderni del fumetto, scrissero: "Chi non vorrebbe rileggere le stupende gesta di Romano il legionario?". L’innocente e giustificato rimpianto per i cari fumetti del buon tempo antico si estende a personaggi che possono essere solo oggetto di studio, non distensiva lettura per amatori. Altrimenti la nostalgia del fumetto rischia di trasformarsi in nostalgia del regime.