Capitolo 3.


LA DEGENERAZIONE DEL “FUMETTO NERO”
3.1 Il Fumetto Erotico.
 
 

da Isabella alle porno-favole.
 


 
 
 
Fra le molte imitazioni italiane di Barbarella vale la pena di ricordare Selene, nata nel 1965, un personaggio non certo volgare, anche se le storie scadenti di cui era protagonista la costringevano spesso a spogliarsi e a mettere in mostra il suo corpo di adolescente. Un’altra eroina fanta-erotica è Uranella, classe 1966, una bella principessa scacciata dal pianeta Neutron, impegnata a combattere con il giovane Antares contro mostri orrendi e popoli crudeli disseminati nello spazio. Sempre nel 1966 compare, ad opera della coppia Magnus & Bunker, Gesebel, regina di Virginia City, un pianeta abitato da stupende ragazze-corsaro che attraversano il cosmo con veloci astronavi. Crudelissime e bellissime, come la loro regina, queste amazzoni dello spazio sono dedite alla guerra e alla rapina. Organizzate in una società a struttura militare sfruttano il maschio. Fumetto femminista, con una certa componente sadica, vede gli uomini ridotti in schiavitù ed apprezzati solo se maschi vigorosi; in tal caso vengono allevati in appositi harem. Ognuna delle abitanti di Virgin Planet ha un harem personale, provvisto secondo il grado militare. Tutte amano torturare i propri prigionieri e Gesebel, ovviamente, supera tutte in crudeltà: sadica e ninfomane, li frusta abbondantemente prima e dopo aver usufruito delle loro prestazioni. Pur mantenendo un organico aggancio con gli elementi fondamentali del genere nero (violenza e aggressività), questi fumetti per adulti imboccano la strada di una progressiva "escalation del nudo" che li porteranno alla pura pornografia. Questa escalation è andata di pari passo con un’evoluzione del costume sessuale italiano, nel senso di una progressiva permissività; all’inizio degli anni Settanta la frontiera della liceità sessuale ha subito notevoli spostamenti. Parallelamente il limite dell’osceno e dell’offesa al comune sentimento del pudore rinvenibili nella stampa e nel cinema, hanno subito variazioni.

…comunque la barriera era rotta, l’importante era quello. Poi non sapevano più se colpire gli albi di sesso o quelli di violenza, anche perché nella struttura societaria europea c’è un’estrema libertà per tutto ciò che riguarda il sesso e un’estrema repressione per la violenza, anche indotta.
Immagini che qualche anno prima apparivano scandalose sono ora quasi caste. Le tappe di questo spostamento della liceità erotica sono variamente rinvenibili nell’evoluzione del cinema, e soprattutto del rotocalco: questo infatti sembra aver svolto, particolarmente con le testate dei cosiddetti giornali per soli uomini, il ruolo di punta in un progressivo sfondamento delle barriere censorie. Così con la comparsa del settimanale Men, nel 1966, si data la caduta della "barriera del seno": da quest’epoca infatti diventa costume accettato la rappresentazione del seno femminile senza veli. Sia sui settimanali, sia nel cinema, sia – a ruota di questi – nel fumetto, non vi è più alcuna illustrazione erotica che non sia accettata. Il cinema ha aperto la strada alla visione completa dei genitali femminili (celebre il primo film didattico-sessuale Helga), alla rappresentazione del coito anale (Ultimo tango a Parigi di Bertolucci), a quella della fellatio, della masturbazione e dei rapporti omosessuali (Il portiere di notte della Cavani), fino all’esibizione del pene in erezione (Il fiore delle mille e una notte di Pasolini). Così i fumetti hanno seguito settimanali e cinema in questa progressiva esibizione.
Va ancora "Playboy"? molto meno di prima, perché in fatto di esposizione erotica, i nostri giornali l’hanno superato. E anche nei disegni in quest’ultima metà dell’anno da noi si è arrivati alla massima conquista nel ramo, cioè al capezzolo nudo di profilo e col doppio cerchietto. (Quanto a quell’altra segreta zona femminile, soltanto pochi privilegiati l’hanno vista riprodotta al naturale in seguito al raptus di un tipografo di "Zip", che una notte si prese il gusto di ritoccare tutte le lastre, togliendo alle donne le mutandine e disegnando accuratamente il resto).
Questo fumetto si basa spesso su dialoghi improbabili e osceni, ed è caratterizzato da un clima narrativo a schema obbligato, dove gli intrighi di corte, le avventure picaresche, i delitti e le torture più ingegnose e turpi, il Medioevo e la Controriforma fanno da sfondo a rappresentazioni erotiche in genere eterodosse. Nell’ambito del fumetto erotico italiano esisteva la tendenza, in verità poco originale, di rifarsi ad epoche remote e a eroine storiche (Cleopatra, Messalina, Lucrezia Borgia) e di fantasia (Isabella, Angelica), poiché il lettore veniva attratto dai mitici esempi di dissolutezza del passato. Come è facile intuire, nella trasposizione a fumetti l’ambiente storico conservava poco della sua storicità reale, mentre le protagoniste perdevano ogni spessore psicologico e ogni credibilità. Queste artificiose ambientazioni esotiche o storiche, e uno sconfinato campionario di aberranti situazioni sessuali e perverse, al cui confronto il manuale di Psycopathia-sexualis di Kraft Ebing diventa una lettura per l’infanzia, servono a variare la monotonia ossessiva dei temi di fondo: sesso e violenza. Non è più nemmeno il caso di parlare di erotismo, poiché con questo termine si intende un raffinato ammiccamento a spinte pulsionali vissute interiormente e non una pura esposizione di organi genitali. Qui invece si tratta di oscenità espresse graficamente con ricorso a dettagli di congiungimenti carnali naturali e innaturali, a descrizioni di scene aberranti in cui sesso e violenza si intrecciano saldamente proponendo dissoluti ed efferati modelli di comportamento di natura profondamente regressiva. Il più celebre di questi fumetti è senz’altro Isabella de Frissac, signora di Chateau Salinas, soprannominata la duchessa dei Diavoli. La bella duchessina viene presentata come "una donna più seducente di Angelica, più perfida di Cleopatra, più astuta di Modesty Blaise", e vive le sue avventure di cappa e spada attraverso tutta l’Europa del secolo XVII. Apparsa nell’aprile del 1966, è la vera capostipite dei tascabili porno, creata da Giorgio Cavedon e disegnata da Sandro Angiolini per l’Editrice 66 di Renzo Barbieri, ribattezzata in seguito Erregi ed Ediperiodici, tradizionale rivale della Edifumetto, l’altra "major" storica del pornofumetto. Isabella è stata ricalcata dal disegnatore sul personaggio di Angelica, marchesa degli angeli; infatti vive avventure non dissimili da quelle letterarie e cinematografiche, vissute dal popolare personaggio creato da Anne e Serge Golon, anche se il suo viso è più somigliante a Brigitte Bardot che a Michele Mercier, interprete di Angelica sullo schermo. Le storie appaiono tratte dalle memorie della duchessa di Frissac, né va celato che gli aspetti più piccanti della sua vita non appaiono sceneggiati a fumetti, ma raccontati verbalmente in brevi puntate in appendice a ogni fascicolo. In queste pagine il ricalco, più che ad Angelica, sembra tratto da Emmanuelle. Ecco come l’editore presentava immodestamente Isabella:
Non c’è uomo che la possa domare, non c’è donna che possa superarla sia nell’ardimento che nell’amore, un amore libero come il suo cuore, cuore di giovinetta, cuore di ghiaccio, cuore di passionaria, in perfetta alternanza con le situazioni e le persone che contatta. Eroina modernissima, addirittura contestataria della propria epoca, in rivolta contro la stessa nobiltà cui appartiene avvolta da un alone splendido, romantico, struggente, Isabella si distacca completamente da ogni altra figura apparsa nella letteratura fumettistica mondiale.
Tra duelli, agguati, torture, omicidi, Isabella non perde occasione per mettere in mostra il suo corpo spesso violentato con tecniche abominevoli: le trame accumulavano pretesti per far perdere alla fanciulla i pochi vestiti indossati. Tuttavia, superando i suoi complessi – all’origine delle sue esperienze sessuali c’è un orso particolarmente intraprendente – sa abbandonarsi all’amore non sottilizzando sul sesso dei propri partners. E qui allora abbiamo una galleria di sudicerie che vanno senza interruzione dal cunnilinguismo al saffismo, dal sadismo al masochismo, all’algofilia, all’incestuoso, al feticismo, e qui l’eccezione è sempre l’accettazione della regola. Il bel Gilbert è il suo preferito forse perché sa accettare con disinvoltura i suoi numerosi tradimenti; ma la solerte duchessa passa dalle braccia di rustici amanti a quelle più morbide di doviziose ragazzine tra le quali, per un certo periodo di tempo, si è aggiunta una giovane e conturbante cortigiana, la sedicenne Sciusciù.
Torme di saffiche si parano sul cammino della splendida Isabella, amori pretestuosi le si offrono ad ogni passo, con le più torbide lusinghe, frustate schioccano con inaudita frequenza, pugnali e sciabole recidono orecchie e altri pezzi anatomici, lasciando spillare zaffate di sangue torrentizie. Isabella passa altera e gioiosa in questo bordello effervescente…
Erano momenti di scandaloso respiro fra punizioni languidamente severe, arti dilaniati, colpi di frusta in parti delicate. Di cui era specialista il bieco Esquemada, azzeccata caricatura del famoso inquisitore spagnolo Torquemada.
I compagni di Isabella la trascinano, è vero, ma poi è lei che "incontenibile" trascina fra le sue labbra o altrove quei tapini che si facevano incontrare. Lo vedi dal suo corpo che dapprima si rifiuta, si rifiuterebbe, poi le meni si distendono. E nelle mani tu ci vedi tutta la tentazione placata, il momento compiuto, il fine raggiunto. Mai e poi mai tu ci trovi il rimorso, e l’aspetto del peccato si sublima nella virtù, cioè nella qualità, nello stile, nell’ingenuità tutto sommato della vis amandi.
Una caratteristica positiva di Isabella è quella di battersi per la giustizia della sua causa, la liberazione della Lorena, anche se non soffre di troppi scrupoli quando si tratta di torturare o uccidere i propri nemici. Fra questi è da ricordare il barone Enrich von Nütter, trucidatore dei suoi genitori, un crudele feudatario tedesco che indossa una maschera di cuoio per celare il suo volto deturpato; egli è legato a Isabella da un rapporto di amore-odio e la bionda eroina ha dovuto in qualche occasione cedere alle sue voglie. La serie di episodi, che formano quella che viene spacciata come la sua biografia, nelle intenzioni degli autori dovrebbe rappresentare "un inno alla supremazia della donna sull’uomo, anche dal punto di vista sessuale". Ma i suoi continui "caroselli" di frenetica libertà denunciano un’assenza totale di maturità e danno una visione falsata e distorta di ciò che dovrebbe essere la vita sessuale della donna. Ci propongono cioè un modello di donna filtrato attraverso la fantasia e i desideri dell’uomo e, quindi, è un modello che non corrisponde né a realtà oggettive, né a realtà soggettive coscienti.
La contemplazione del Bene e del Male non è mai neutrale. C’è sempre una forte carica morale in quella contemplazione. Dante non stava coi peccatori, eppure le pagine più commosse e più belle della sua Commedia parlano del male e dei dannati. Così il pittore Bosch, che descrive con amorosa attenzione la lussuria e i peccati del mondo. E Isabella da quella e buona fanciulla che è non fa eccezione alla regola madre.
Certo è che la presa su un certo pubblico fu integrale. Si pubblicarono, in aggiunta ai fascicoli mensili, volumi delle sue "memorie", raccolte di lettere dei fedeli lettori ed anche un saggio il cui sottotitolo era: "La più spregiudicata analisi della più spregiudicata eroina dei fumetti".
…ragazze ingenue che vogliono sapere come si bacia, o cosa sia la verginità, giovani spose che non riescono ad avere più rapporti con il proprio marito, signori maturi che si scoprono omosessuali latenti e domandano alla bellissima spadaccina di chiarire il loro problema. Queste lettere ci mostrano tutta una umanità che si identifica senza riserve col personaggio, sa di scrivere a un fantasma narrativo ma in pari tempo ne chiede la fotografia con dedica.
Nulla potrebbe sembrare più futile di una lettera scritta a qualcuno che non esiste; ma le lettere raccolte nel volume "Cara Isabella" sono state realmente indirizzate alla duchessina da centinaia di lettori e lettrici. Questi le confidano per iscritto, firmandosi spesso, senza badare alla forma, ogni moto della loro personalità. Perché questo avvenga non è facile spiegare. Forse, non riconoscendo una reale e meritata supremazia morale a personaggi reali, la gente individua in un personaggio della fantasia, un personaggio più vero della stessa realtà. Ecco le confidenze di un’appassionata lettrice di Roma:
…guarda che forza che cia’ Isabella, gli ha ficcato la spada in mezzo ai seni fin quasi all’elsa. Per fortuna che poi la sera hai trovato da passare la notte col marchese Solignac che così povera cara ti sei rimessa un po’ su facendo l’amore con un così bell’uomo.
L’immaginazione dei lettori va spesso oltre quella degli autori:
Deliziosamente eccitante sei quando uccidi pressoché nuda… sarebbe meglio però che il disegnatore ti mostrasse fino alle ginocchia con l’armoniosa linea delle tue cosce e la perfezione delle tue rotondità trasparenti attraverso le deliziose mutandine… Vederti mettere tutto ciò in evidenza davanti a un uomo, mostrargli quei tesori che potrebbero procurargli paradisi di voluttà e, invece del piacere, dargli con fredda decisione la morte è per noi un piacere grandissimo…
Naturalmente non tutti amano Isabella; ecco una lettera di protesta di una "distinta" signora di Salemi che afferma di credere ancora al pudore della donna:
Una puttana, una troia come lei dovrebbero scorticarla viva in piazza… Mandare a fuoco il suo culo a forza di sferzate. Prostituta! Mi auguro di vederla in televisione con le mani fissate agli anelli e il posteriore rigato e pesto.
Dopo Isabella,
ecco nascere tutta una serie di eroine dalle caratteristiche totalmente negative che tuttavia si candidano alla simpatia irrefrenabile del lettore, se non altro a causa della loro intensa disponibilità a denudarsi e ad offrirsi ad ogni possesso, di cattivi come di buoni, talora per scelta, talora per calcolo, altre volte per rassegnazione, sempre in un orgia di mammelle, ombelichi, sederi, volta a volta accarezzati, penetrati, frustrati, bruciati, morsicati, sottoposti al supplizio dell’acqua, del ghiaccio, del fuoco, delle formiche rosse.
Camilla Cederna, in un memorabile articolo, descriveva i fruitori di sesso cartaceo e i prodotti che li ammaliavano. La cronaca era ambientata in una notte milanese, nell’edicola-libreria più insonne della città, "quella che sta aperta fino alle due di notte".
Adesso entrano signori circospetti che lasciano cadere sguardi furtivi e pieni di disagio su volumetti intitolati "Morir di piacere" e "Le tre vedove di Hong-Kong"; c’è chi, nonostante sembri soltanto il vigilante difensore dell’ortodossia sessuale, sia pure con calma va a leggersi per prima cosa la trama e l’ambientazione di "Saffo"; entrano giovinotti tenebrosi che si direbbe vadano ad abbattersi sui fumetti di avventura o sulle "Centoventi giornate di Sodoma", invece comprano Pavese e l’ultimo Topolino; ecco la donna in parrucca e camicetta vistosa che fino alle due batte questo quartiere abbastanza ricercato da specialisti per il suo lato funerario, ma prima di rincasare si compra il fotoromanzo d’amore, "Letizia".
In questi fumetti manca una vera e propria struttura narrativa – anche quando esiste un filo narrativo, questo è molto esile e banale – il disegno è rozzo e affrettato, finalizzato a mettere in evidenza il particolare raccapricciante o eccitante, e il linguaggio è truculento, sciatto e sordidamente allusivo. Sono tutte caratteristiche che denotano una produzione non curata, affrettata, finalizzata al facile guadagno.Ecco allora Messalina, le cui avventure si trasferiscono nell’antica Roma imperiale, dove questa "regina dell’alcova" detta legge sotto i profilo politico e sessuale nel palazzo imperiale e nelle strade della suburra, riserva di caccia degli amanti maschili e femminili capaci di placare i suoi desideri. Aperte le cateratte del sesso, la corrente travolge tutti i tabù superstiti e Messalina, fra una schiava in topless e una matrona in minigonna, presenta anche teneri ragazzini concupiti da laidi magistrati; ma il suo amante favorito rimane Favodoro, playboy e grande amatore. Senza trascurare il suo hobby preferito, Messalina doma rivolte, previene congiure, aiuta alleati e amici di Roma. In mezzo alla violenza, al sadismo, alla pornografia imperanti, brilla talvolta qualche barlume di ironia, mentre si assiste ad un continuo processo di attualizzazione sia nella psicologia, sia nel costume dei personaggi. Nella realizzazione fumettistica il personaggio di Messalina ha perduto la sua crudeltà e avidità di potenza per diventare una donna bellissima e coraggiosa, impegnata a salvare il trono dell’imbelle marito Claudio. Così perversioni, sadismi e crudeltà trovano una giustificazione di carattere politico: la conservazione del potere.Nella corrotta Bisanzio sono invece collocate le avventure dell’imperatrice Teodora, vorace degustatrice di uomini e di donne. Oltre a giacere con il marito Giustiniano, non esita a procurarsi diversi amanti, tra cui il generale Belisario. L’imperatrice definisce questo amore "l’unica cosa veramente pulita" della sua vita, dimenticandosene immediatamente, occupata a procurarsi nuovi accoppiamenti e a studiare complicate ed erotiche torture per i suoi nemici. Profondamente sadica, Teodora gode davanti ai nemici violentati, conscia di liberare l’impero da pericoli e congiure, poiché per esso è disposta a sacrificare tutto ("L’impero è potenza… Il potere è la linfa che mi da vigore e vita!"). In una società che vorrebbe essere rinascimentale, opera invece Lucrezia, eroina di storie che sono una "libera trasposizione della letteratura amorosa rinascimentale", tanto libera che tutto si riduce, oltre ai soliti ingredienti erotici, ad una serie di agguati, tradimenti, uccisioni, intrighi, in cui entrano come protagonisti maghi, streghe, aristocratici corrotti, capitani di ventura, nobili cavalieri, come il "Vendicatore" che ricorda vagamente Robin Hood. Naturalmente su tutti campeggia Lucrezia, bellissima e astuta, continuamente in lotta con il suo mortale nemico, suo marito il conte Alfonso d’Este. Pronta ad usare qualsiasi mezzo per realizzare i propri fini è disposta a concedere generosamente il proprio corpo, più che per soddisfarne gli istinti, seguendo dei calcoli razionali; fa eccezione solo Antonio Orsenigo che ama veramente ma che può possedere raramente poiché egli è innamorato di un’altra donna. La società del tempo viene presentata in modo tradizionale; a nobili cattivi se ne contrappongono dei buoni e la funzione dell’aristocrazia come classe sociale non viene analizzata, né messa in discussione. Di ispirazione vagamente ariostesca è il personaggio di Angelica anche se tutto si riduce ad una continua caccia alla donna da parte di paladini cristiani e musulmani. Dell’ironia, della fantasia, dell’eleganza ariostesca vi è rimasto ben poco. Unico esempio maschile fra tanto sesso è De Sade, il divino marchese, che opera nella corte dei reali di Francia fra pervertiti e dame sempre disponibili, passando dal letto di Luigi XVI a quello della regina Maria Antonietta. Bello, aitante, instancabile, in opposizione alla storia che lo vuole ospite assiduo delle regie galere e della "casa di pazzi" di Charenton. In questo contesto non poteva mancare lo sfruttamento del filone salgariano delle imprese piratesche nel Mar dei Caraibi, anche se gli eroi di Salgari hanno dovuto cedere il posto a formose e discinte donne-corsaro. A questo genere appartiene Jolanda de Almaviva, "la figlia del mare", che combatte accanitamente contro gli spagnoli, guidati dallo spietato governatore di Maracaibo. Jolanda ha al suo fianco il pirata Jean Lafayette, suo grande amore, il servo cinese Cien ed un equipaggio formato in gran parte da donne. Nulla è rimasto della magia salgariana che sapeva dare alle avventure del mare un ritmo avvincente; al contrario queste storie pullulano di invertiti, ermafroditi, sadiche, mentre gli assalti e gli arrembaggi sono i preliminari di ben altri duelli. L’ondata pornografica investe anche il genere western e nasce la moda delle "indiane bionde", delle mezzosangue abbondantemente svestite che, senza rompere i rapporti con la razza bianca, si ripropongono di rivalutare e rendere simpatico ai lettori un gruppo etnico, i pellerossa, solitamente definito dagli autori di fumetti, e non solo, "i vermi rossi".
Il fatto curioso è che gran parte delle eroine sexy italiane degli Anni Sessanta e Settanta sono bionde. Quelle che abbiamo menzionato poco sopra non fanno eccezione. In un paese dove la tradizione cattolica ha imposto certi modelli muliebri (le Madonne bionde, tipicamente ariane, così diffuse per secoli nell’intera area europea), anche nel momento della rivolta assistiamo al curioso fenomeno della persistenza di certi miti. Spesso infatti queste ragazze esuberanti e libidinose, dai corpi aggressivi, hanno visi angelici e lacrimevoli, anche quando agiscono all’interno di scatenati deliri sadici o masochisti o comunque di aberrante sessualità.
La prima è stata Walalla che, nelle sue storie, si batte contro criminali bianchi, donne pervertite, sadici spietati, indiani ribelli, utilizzando, secondo il consueto cliché, il proprio sesso come una vera e propria arma. Maggiore popolarità conquistò Vartàn, una bellissima meticcia che, disegnata dallo stesso autore, Sandro Angiolini, ricorda nel fisico Isabella. Coraggiosa, dotata di sex-appeal, costei vince quasi sempre i duelli con i suoi nemici; nei casi in cui deve momentaneamente soccombere, viene torturata e violentata da bianchi sadici, donne pervertite e pellerossa avversari. Priva di qualsiasi inibizione, si serve del suo corpo, messo abbondantemente in mostra da un abito indiano, costituito semplicemente da una minigonna e un costume da bagno, per raggiungere i suoi fini. Passa con estrema disinvoltura dal rapporto eterosessuale a quello omosessuale in una frenetica girandola di accoppiamenti che forse rappresentano una delle ragioni del suo successo. Vartàn ha avuto anche un marito, Rik Winson, ma se ne è presto sbarazzata dopo che egli l’ha tradita consegnandola ai suoi nemici. Il suo unico amore è Kid West, un ex ufficiale di Custer, anche se a volte ha compagni occasionali, come il cacciatore di taglie Requiescant. Suoi nemici tradizionali sono Sara Wood, spietata e sadica, Percyval Granefor, detto "Cuoio Nero" per una maschera che gli copre il volto deturpato e la sadica sorella Anna Granefor.L’ambiente è quello tradizionale del western: cercatori d’oro, cacciatori di pellicce, fuorilegge buoni o spietati disposti ad accettare la sola legge della forza. Gli indiani non sono presentati come uomini spietati e selvaggi, ma come esseri ingenui che sono in netto svantaggio rispetto ai bianchi a causa dell’arretratezza della loro civiltà. Fatte alcune eccezioni, manca una netta presa di posizione in loro favore e la stessa Vartàn, mezza indiana e mezza bianca, si trova in una posizione di superiorità rispetto alla sua razza, riuscendo a vivere quasi alla pari in mezzo ai bianchi. Già nel passato erano stati fatti timidi tentativi di introdurre l’erotismo nel mondo dei tarzanidi (Sheena, Tigre Bianca, Pantera Bionda), ma esso fa il suo ingresso ufficiale solo con Jungla "la vergine africana", procace e discinta abitatrice delle foreste dell’Africa Nera, occupata a eliminare criminali bianchi, ex scienziati nazisti, negri cattivi. Principale caratteristica di questo personaggio è stata per diverso tempo la verginità accanitamente difesa dagli assalti di maschi sadici e di saffiche regine di tribù misteriose. Poiché questa strenua difesa rischiava di stancare, dopo aver fatto un referendum fra i lettori, si decise di non tenere più in sospeso gli appassionati. Nel n. 55 del 10 settembre 1971, caduta prigioniera di Amhara, un invertito mercante di schiavi che vuole gettarla in pasto ai suoi sgherri, la nostra eroina diventa l’ex vergine africana. I lettori avranno da un lato tirato un sospiro di sollievo, vedendo appagato il loro gallismo; dall’altro saranno rimasti rammaricati di fronte al crollo di un mitologico simbolo di conquista. Da questo momento Jungla si avvia a compiere una regolare carriera di eroina ninfomane, rientrando nella normalità. In questi anni il genere originario "nero" si tramuta in horror, in cui si può trovare un allegro carosello di vampiri, zombie, mummie, sepolti vivi, ladri di cadaveri, streghe e vampiresse sexy come Jacula. Anche qui infatti il fattore erotico si insinua tra le sceneggiature cupe, tingendole di vizio, depravazione e lussuria. Jacula, fra riti magici e orge sataniche, trova modo di vivere le sue avventure vampiresche, accoppiandosi spesso con uomini bellissimi o esseri mostruosi. In questo mondo allucinato è facile incontrare diavolesse appetitose e insaziabili come Lucifera, "l’amante del demonio" che, in un medioevo germanico standardizzato, pratica sacrifici umani, sopporta indescrivibili torture, viene invano arsa sul rogo, seduce baldi giovani e casti frati ossessionati dal sesso.
Troppo facile indignarsi per la fiera della scurrilità cui questi prodotti danno luogo. Il loro elemento d’interesse sta proprio nella pesantezza del linguaggio, sia visivo, sia verbale, che comporta l’ostracismo alle circonlocuzioni, agli eufemismi pudichi e dà diritto di cittadinanza alla terminologia dell’uso comune. All’insegna di uno sfrenamento della fantasia erotica più goliardicamente o plebeamente corriva, si attua un’irruzione di volgarismi, ben vivi da sempre nell’oralità più diffusa. Il loro affacciarsi alla pagina ha un aspetto di insolenza traumatica. Ma in fondo, è da discutere se la sguaiataggine casermeccia sia tanto più nefasta delle melensaggini pretenziose e ipocrite.
In questi fumetti, insieme a quello della famiglia patriarcale, anche il mito di Penelope subisce uno scossone. La donna diventa aggressiva, inquietante, dominatrice, amatrice insaziabile. Il proprio corpo è usato non tanto per godere i piaceri dell’amore, quanto per dominare, sedurre, uccidere o castrare il maschio, tutto con mezzi espressivi truculenti. Il libero amore sconfina nella ninfomania, accompagnato da un sado-masochismo di cattivo gusto, che farebbe ridere lo stesso divin marchese. Queste marionette prive d’interiorità, di sentimento, nel momento in cui credono di strumentalizzare l’uomo ne sono strumentalizzate, nel momento in cui credono di essere un mezzo di liberazione dai tabù sessuali diventano mezzo di repressione. Il lettore scarica su di esse tutte le frustrazioni e l’aggressività accumulate sul lavoro, alla catena di montaggio, in ufficio, nella miseria delle borgate, invece che in un’attiva contestazione al sistema. La tensione scaricata nella lettura di questi fumetti, rivolta assolutamente sterile, diventa una forma di difesa di quella stessa società contro la quale apparentemente queste persone operano.
Le giovani generazioni, senza i tabù sessuali, non sembrano per questo molto più felici nei loro rapporti amorosi. In realtà tale mancanza di remore non dipende in molti casi da un effettivo superamento di situazioni conflittuali, bensì da una assenza di strutturazione psichica, accompagnata da una assenza di educazione, a torto creduta una educazione libera. In molti di questi casi il rapporto sessuale sembra essere l’unico mezzo di approccio e di conoscenza, ed un mezzo che porta al fallimento e alla solitudine. Dal sesso allora – o meglio da una parvenza di sesso – si regredisce alla droga. Da una identità personale si passa alla indispensabilità di una identità di gruppo. L’uomo ritorna indietro, si annienta. Thanatos trionfa nel Nirvana.
Non vi è dubbio che all’esplodere della pornografia ci sia stato chi abbia rimpianto i bei tempi di una censura rigida e di costumi più sobri. Fra questi ci fu la casa editrice SEPIM che, nel 1973 e quindi in un momento di forte diffusione del fumetto pornografico, pubblicò una rivista dal titolo Evviva i fumetti del passato che si apriva con la proposta di tornare allo spirito dei fumetti nati nel Dopoguerra. È scritto esplicitamente nell’editoriale che compare nel primo e nel secondo numero:
il fumetto ha toccato il fondo, sia dal punto di vista artistico sia da quello del semplice buon gusto, con quelle pubblicazioni gialle, nere, sexy che, mascherate dal sottotitolo "fumetti per adulti", circolano oggi in Italia e all’estero. Evviva ha l’ambizione di essere una raccolta di fumetti "puliti", di quei fumetti, diciamo così del buon tempo antico, nel significato migliore che ha questa espressione. Fumetti quindi tradizionali, non perché vecchi o superati, ma perché lontani dalle diseducative e pericolose espressioni che contraddistinguono gran parte della produzione attuale.
La rivista iniziò così a ristampare i primi episodi di Piccolo Sceriffo, Sciuscià, Ridolini e Radar; in alcune pagine interne comparve anche un apprezzabile storia del fumetto del dopoguerra, nella quale si lamentava che in quegli anni, tanto produttivi, vi fossero stati tanti attacchi contro il fumetto. Per compiere questa operazione l’editore di Evviva fece una precisa scelta: pubblicò nella rivista non le storie così come erano nate attorno agli anni 1945-50, ma quelle censurate e rifatte. Evidentemente queste edizioni corrispondevano di più alla sensibilità e al gusto dell’editore che si poneva l’esigenza di pulizia. Quando Evviva ristampò queste storie censurate in nome del fumetto "del buon tempo antico", c’era una parte della società italiana, la cosiddetta "maggioranza silenziosa", che, preoccupata di certi risultati del movimento del ’68, chiedeva pulizia, intendendo con questa parola ordine e sicurezza. Ma, nel concreto, questi benpensanti si dimostrarono disinteressati al fumetto: infatti l’operazione di Evviva fallì e l’editrice SEPIM dovette sospendere le pubblicazioni dopo soli quattro numeri. Ma la storia di quest’albo avrà risvolti divertenti e patetici insieme. Le rese delle edicole dovettero essere così consistenti che qualche mese dopo quegli stessi albi furono rispediti in edicola ma non più con il nome di Evviva. Semplicemente cambiando le copertine che avevano ora titoli di volta in volta diversi ma sempre con un elemento fisso: donne nude o seminude in atteggiamenti erotici. Così questa volta, al colmo dell’ironia, il lettore che aveva scelto quegli albi per la copertina sexy, trovava all’interno fumetti censurati corredati dal già citato programma di pulizia. Quindi fumetti censurati e copertine sexy, gli uni motivati dal rispetto del moralismo convenzionale, le altre dalle esigenze commerciali: ambedue gli elementi presentati in uno stesso albo che diviene così il segno di una disfunzione profonda, di uno scollamento fra intenti e realtà. L’operazione questa volta dovette dare i suoi frutti. La SEPIM cambia indirizzo; dopo aver difeso i fumetti "del buon tempo antico", dopo aver operato censure, inizia a pubblicare fotoromanzi pornografici in una rivista intitolata Caballero. A farne le spese è proprio un discreto fumetto, Il Piccolo Sceriffo: l’eroe è ora presentato in versione pornografica, attorniato da donne nude e da prostitute. Come già aveva fatto per Evviva, anche questa volta la SEPIM sente il bisogno di giustificare il proprio operato con una introduzione esplicativa, soltanto che le motivazioni sono ora di segno opposto. Infatti in Caballero la SEPIM dichiara di far fumetti pornografici in nome di un aggiornamento:
Poiché è nata la voga di riproporre fiabe e racconti per l’infanzia, trasformandoli in storie sexy per renderli accettabili agli adulti, Caballero si aggiorna e ripropone Il Piccolo Sceriffo in chiave erotica, sperando di far cosa gradita ai lettori.
Che gli stessi censori di fumetti siano anche coloro che poi fanno fumetti pornografici non deve sorprendere. Difatti l’opera dei censori non è sempre sostenuta da motivazioni strettamente legate alle specifiche operazioni di cui sono autori, ma da obiettivi diversi, di carattere generale, non peculiarmente narrativi ma aprioristicamente determinati: per esempio la restaurazione sociale e la costrizione dell’ordine. Quando si frena e si limita la libertà creativa si giunge a prodotti privi di valore tanto che il pubblico è demotivato all’acquisto. Ed ecco allora che si rende necessario ricorrere a uno strumento di supporto, quale nel caso di Evviva la copertina pornografica o la trasformazione di un intero fumetto in un fotoromanzo erotico, espedienti utili a fornire quella motivazione che il pubblico stesso non rinviene più nella qualità del prodotto. Non è un caso che i fumetti censoriamente rivisitati scadano talmente sul piano qualitativo da convergere con quelli pornografici in un punto: la più bassa qualità presente sul mercato. Non intendo dire che basta la semplice caduta della censura per migliorare il fumetto. Di certo però alcune censure hanno portato verso la degradazione. È quindi necessario ribaltare l’opinione, in qualche nostalgico ancora oggi presente, che la pornografia dilagante sia l’esito della sconfitta, dell’allentarsi della censura, della caduta del "codice morale". La verità è invece che il fiorire della pornografia è figlio della censura, non solo per quanto si è detto, ma anche perché la censura, peggiorando qualitativamente il fumetto, lo avviò verso la bassa lega, la speculazione fine a se stessa e la produzione dozzinale. Infine, un certo filone cinematografico nostrano di natura comico-boccacesca e le accuse rivolte al fumetto violento hanno, a partire dal 1972, orientato il genere ad abbandonare l’elemento aggressivo per puntare esclusivamente sull’erotico, con contorno di comico e magico-favolistico. Fiabe popolari e personaggi della favolistica tradizionale (Cappuccetto Rosso, Biancaneve, Pinocchio, Alice) o di pura invenzione (Maghella, Sorchella, Strega Stregonza) sono così stati ripresi in chiave oscena. I Grimm, i Perrault, gli Andersen ne escono avviliti, per quanto queste precarie trascrizioni siano in grado di avvilire qualcosa d’altro oltre a se stesse, già relegate al margine del fumetto. Dal punto di vista figurativo, è quasi impossibile impostare un discorso critico motivato. Quel che conta è il sapore triviale da barzelletta che coinvolge tutto e che invece di dissacrare respinge ancora più lontano i temi affrontati, esorcizzati con la goffaggine di cui spesso si servono anche i ragazzi e gli adulti immaturi per rimuovere le loro paure. Basti dire che Biancaneve, incontrando i sette nani nel bosco e chiedendo "Chi siete?", si sente rispondere con questo incredibile elenco che parodia i nomi ad essi affidati nella versione italiana del notissimo film di Walt Disney: Anulo, Chiappolo, Occhiolo, Montolo, Segolo, Brutolo e Masoccolo. C’è, nei responsabili di tali obbrobri, privi di qualsiasi carica satirica, una gran disinvoltura e pochissima stima nel livello sessuale degli italiani.
Le porno-favole sono le ultime trovate del settore. Mentre il fumetto underground americano capovolge i contenuti tradizionali delle favole, per smascherare e denunciare il perbenismo ipocrita della borghesia, quello italiano compie una operazione totalmente opposta, in senso reazionario. Infatti, ogni uomo è un "maschio ruspante", pronto ad intraprendere titaniche battaglie amorose; ogni donna è una "mignotta" disposta a fare l’amore con tutti e in ogni modo: l’amore è ridotto a semplice esercizio genitale. Questi fumetti si rivolgono al lettore sessualmente inibito, represso nei suoi desideri erotici, e lo mantengono in uno stadio di primitiva sessualità. Valori ostentati sono: disimpegno politico, violenza, sesso degradato, tutto per contribuire a conservare in un ghetto sub-culturale le classi subalterne, rafforzando la loro emarginazione e, quindi, le ingiustizie sociali perpetrate nei loro confronti.