Capitolo 1.


LA NASCITA DEL “FUMETTO NERO”
Diabolik, il “nero” borghese.
 
 

conclusioni.
 


 
 
 
 

Si potrebbe dire che Diabolik, basando tutte le avventure sull’acquisizione del potere economico come valore primario, svolga un’azione di demistificazione degli ideali fittizi, messi in circolazione dalla agiografia scolastica. Come dire che i "fumetti neri", se non altro, educano ad una presa di coscienza delle determinazioni materiali delle azioni umane. Ma questa apparente demistificazione, questa specie di falso realismo, rappresentano un’altra forma di idealizzazione, altrettanto goffa. Le avventure di Diabolik infatti non svelano affatto al lettore che il denaro è il motore occulto della società. Al contrario, lasciano sullo sfondo la motivazione economica dei fatti umani, e presentano il denaro come un mezzo per acquistare la felicità ad ogni costo, anche se il modo con cui l’acquista Diabolik è al tempo stesso glorificato e indicato come riprovevole. L’ideologia occulta di Diabolik non è "il denaro è il motore della storia", bensì, con una superficialità piccolo borghese, "il denaro è un valore". Il denaro visto come motore della storia sarebbe la spiegazione e la demistificazione di tutti gli altri valori; ma il denaro come valore è solo un valore tra gli altri, mistificato come gli altri.

Gli ambienti in cui si muove Diabolik (che non a caso non sono metropoli tentacolari del futuro, ma cittadine tipo Belle Epoque, su modello di una Nizza marittima mista a Montecarlo) ricordano curiosamente certe vicende familiari che raccontano le vecchie zie di provincia, vedove e risparmiatrici, accumulatrici di gioielli e buoni del tesoro, avidamente strappati dalle unghie di coeredi maligni. Non a caso la ricchezza cui aspira Diabolik è sempre rappresentata dai gioielli; che sono, nell’immaginazione piccolo borghese, la più sicura forma di investimento, attraverso le guerre e le svalutazioni.
La giustizia, sotto l’aspetto severo ed incorruttibile dell’ispettore Ginko, altro non è che la maschera pubblica di quell’organizzazione di classe il cui unico scopo è di difendere e garantire la proprietà privata, il cui valore è condiviso sia dall’ispettore, sia dal "re del terrore". Questa proprietà privata non è rappresentata dal grande capitale ma, spesso e volentieri, dalle quattro gioie di famiglia, per recuperare le quali si inscenano le fantasmagorie più dissennate, con uno spreco non indifferente di vite umane. Per cui se Diabolik corrompe i giovani non è tanto perché offende i valori della società, come hanno supposto i moralisti, ma perché ne fornisce una versione degradata. Non è affatto portatore di un messaggio rivoluzionario, un distruttore di istituzioni o il castigatore di ricchi prevaricatori e sfruttatori. Inserito nel mondo borghese, fa propri i miti di questa società, contro la quale si vuol far credere che egli combatta: l’ideologia dell’accumulazione privata del denaro, il culto della forza, della macchina, il mito della coppia unicellulare tenacemente dedita a difendere la sua felicità nel rifugio della propria privacy. E come potrebbe attentare alle istituzioni un personaggio che si muove in imprecisati ambienti socio-politici e le cui storie sono prive di una qualsiasi analisi sociologica? Una ragione del suo successo va ricercata proprio in questo disimpegno politico, in questa matrice ideologica di tipo borghese.