a casa di alda merini.
Ingaggiatemi per dieci soldi.
Ingaggiatemi per cento lire.
So soffrire,
Soffrire.
Datemi il peggiore oltraggio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le sevizie di questi anni, questa solitudine, questa paura di morire, questa carne sconsolata, questi sudori freddi. Non mi fanno presagire niente di buono. E però non oso più chiamare un medico, quell’ambulanza terribile che mi ha portata via, quel lavaggio al cervello, quel dimenticare l’amore.

Anche stare in una stalla così ci vuole sacrificio, insomma, non si può sempre dormire in un letto... lei si sdraia? Beh! Mi sdraio anch’io ma ho settant’anni... Vuole una Coca? Io bevo! Volete fare un’intervista?

 

Beh! Una chiacchierata... abbiamo un registratore portatile...
Avevo giusto bisogno, grazie! Dov’è il vostro giornale?

 

Il titolo è l’USF tratto da uno scrittore americano, BUKOWSKI.
Ma cos’è? Per i barboni? I clochard?

 

No beh! E’ fatto da studenti, da ragazzi... chiunque può parteciparvi. (Mostrando il retro di copertina) Questo qui è lo scrittore BUKOWSKI.
Gli piaceva bere?

 

Eh si, aveva questo amore esagerato per la bottiglia!
Ah molto bene, meglio quello lì che un altro.
La Coca la bevo io, mi piace da matti. Butto via tanti di quei soldi. Li butto proprio alle volte. Perché Manganelli diceva una cosa... i poveri anziani spendono perché hanno paura di essere derubati e allora comperano le cose più strane.

 

Tenere i soldi tanto...
Beh il denaro va anche tenuto proprio perché quando uno è anziano... a Milano non c’è un’assistenza dell’anziano perciò gli anziani hanno bisogno di sentire il denaro per dire beh, se succede qualcosa sono sicuro. Non c’è neanche molta fratellanza, per cui lei possa andare a bussare alla vicina... non si fa più. Allora si è creato il terrore dell’isolamento, della rapina. E’ vero una volta non c’era. Una volta c’erano le famiglie: anche i figli crescevano un po’ insieme; adesso "il mio è migliore del tuo". Ed è nato questo amore spropositato per il denaro nell’anziano e nella società che non ha senso, o sbaglio? Non è la soluzione felice.

 

E’ proprio la società che è basata sul bisogno del denaro.
E’ la società che emargina, cioè... io vengo dal manicomio quindi conosco un certo tipo di emarginazione, però vedo che anche quello che non viene dal manicomio è isolato, è vecchio. Qui nasce il grosso problema del perché uno è vecchio e cos’è la parola vecchio che non esiste. Perché abbiamo dei giovani che sono più sclerotici di noi, più intorpiditi... è vero o no? Abbiamo dei giovani infelici... L’anziano non sta male... è abbastanza sereno perché ha conquistato, prima di tutto la saggezza, poi l’esperienza, poi per esempio io che sono stata in manicomio e ho avuto lì i miei traumi, li ho anche un po’ superati. Ma ci sono dei ragazzi che non sanno più che pesci pigliare, sono molto fragili. Molto più di noi. Noi abbiamo fatto la guerra, la miseria, lo dico sempre, e ci siamo anche un po’ fatte le ossa; ma il giovane oggi se non ha la pappa pronta dorme ancora.
Non è giusto, bisogna ritornare ai vecchi tempi. Non è per cattiveria... io vedevo quand’ero in manicomio certe ragazzine che alle volte si tagliavano le vene... eh ma le scuotevo bene io! Perché rischiavano di morire per delle stupidaggini proprio.

 

Forse sono i genitori che hanno sofferto il periodo della guerra...
Ma questo no, guardi io ho cinque figli, sono cinque femmine tra l’altro... non è che voglia citarmi ad esempio, tra l’altro sono ragazze che non amano studiare, lascio loro la scelta di fare quello che vogliono. Non continuo a dire "tu devi diventare..." infatti quattro sono operaie... son così felici!
Pensi se le avessi detto "io sono poeta, tu devi diventare medico!"

 

Ma adesso è chiuso il manicomio?
Virtualmente è chiuso... ed è molto strano che i trenta che son dentro ed hanno la porta aperta, non escono più. Non vanno via più...singolare no?

 

Si vede che fuori è peggio.
No ormai sono educati a star dentro... sono trent’anni che son dentro, cioè vedono la porta aperta ma non la vedono mica.

 

Eh sì, fuori si troverebbero a disagio.
Poi a mezzogiorno gli danno la minestra, vengono curati, sono stati anche modificati dagli psicofarmaci, quindi hanno delle vedute costruite... perciò stanno dentro.

 

Noi abbiamo avuto voglia d’incontrarla dopo aver letto TITANO, AMORI INTORNO.
Ma Titano diciamo così, come persona, per me è stato un grande amore, ma non è nato come un amore. Io conoscevo quest’uomo da tanti anni... nel senso che lo vedevo passare sul naviglio e mi pareva fosse un uomo che stava molto bene finanziariamente e che qualcuno lo ha rovinato.
Mi sono spesso domandata come mai i ragazzi qui sotto non mi citofonassero mai , invece quest’uomo per anni, la sera, mi suonava il citofono e diceva "Signora Merini come sta?" era l’unico che mi salutava e arrivò qui un’estate, quando io proprio mancavo dei primi bisogni di sussistenza.
E arrivò su ed io piangevo e dico "guardi non ho neanche il pana da mangiare" ed era vero. E questo mi disse "ma è impossibile che lei viva in questo modo". Ovviamente qui c’era gente che rubava e allora mi disse una cosa "vado a prendere i suoi figli" e mi commosse tanto questa cosa che poi, quando lo trovai in disgrazia, lo feci salire. E rimase con me cinque anni, come un ospite praticamente, ma era una persona anche molto educata. Lo curai perché era pieno di piaghe, era malato... sapevo anche chi l’aveva ridotto così e la cosa mi intristiva e dicevo "ma guarda l’hanno sfruttato a sangue", che era ricco Titano, aveva tre o quattro appartamenti, ed era il pronipote di Porta. Era un milanesone, e allora dicevo "ma scusi, abbiamo qui i marocchini... ma perché non le danno una casa?" perché era proprio ambrosiano, macché! andava a dormire sotto i ponti e allora io l’ho raccolto perché ho provato che cosa voleva dire l’usura sul naviglio. Lo avevano rovinato ed io ero stata rovinata a mia volta, quindi ho trovato un fratello... però una persona molto compita ...mi chiamava Signora Contessa. Mi diceva "signora contessa posso salire?" tutte le sere, ma non è che una sera si dimentichi?

 

Ci hanno proprio folgorato le poesie di Titano... è ancora vivo?
No, è morto, è morto un po' per il mio capriccio. Un giorno me ne andai... Titano naturalmente non mi vide più e non capi perché. Fu forse un colpo di pazzia, ma io son sempre stata cosi: ogni tanto piglio e vado. Perché mi annoio mortalmente a stare in un luogo e cosi sono stati anche i miei ricoveri, ogni tanto venivo a casa e poi tornavo dentro. Le mie opere le ho cominciate in manicomio si può dire, avevo tempo per pensare, non avevo niente da fare, avevo medici che aiutavano a capire, che mettevano in relazione il discorso del passato col presente; degli ottimi analisti c’erano qui al Paolo Pini, non è che fosse tutto elettroshock-terapia. Comunque il discorso sarebbe lungo, parlare di quello che comunemente i medici chiamano paranoie, che poi sono delle veggenze poetiche, perché io vedevo tanti, in manicomio, che ogni tanto avevano delle visioni, sa facevano gli elettroshock. Per esempio Rilke era un visionario, anche altri poeti erano dei visionari e guarda caso di solito queste visioni si sono poi avverate.
I grandi pensatori, quelli che hanno intuito le grandi scoperte, prendi Galileo... quando disse "eppur si muove", sì, ha visto che il lampadario si muoveva, però l’intuizione è stata prima del movimento; l’intuizione poetica è la stessa cosa. Il colpo d’occhio è lo sguardo del poeta che vede al di là della realtà. Ci sono anche facoltà medianiche, è una marcia in più che hanno i poeti.
Infatti c’era qui il portinaio e dissi "quello lì è un delinquente, figlio di un delinquente"; mi fecero ricoverare perché secondo l’opinione pubblica non era un delinquente; poi si rivelò un delinquente.
Comunque il poeta ha questo sguardo che penetra, così quando vidi Titano dissi "quest’uomo è malato gravemente", e poi morì infatti di AIDS, ma nessuno glielo aveva detto.
Lo vidi da come era conciato... capii che non si lavava non solo perché non aveva una casa, ma perché stava male. Chi sta male non ha più un punto di riferimento, vuole morire; c’è un istinto alla morte tremendo in noi, che bisogna scuotere. In questo caso ci vuole anche un pochino di violenza, violenza amorosa però, bisogna scuoterli. Lo facevo anch’io in manicomio con gli altri pazienti, quando vedevo, specie se erano giovani, che si tagliavano le vene... alle volte li minacciavo:"la prossima volta passo di qua...". E’ un po’ il discorso del Muccioli, non c’è altra strada... vuoi far morire un ragazzo? Il problema della droga è un po’ duro, con precisione io non lo conosco, non ne ho mai fatto uso, però le posso dire che lo psicofarmaco su per giù...
Quando ero ricoverata, vent’anni fa, ormai ne sono guarita, se mi mancava il Tavor, la sera, mi fissavo che non dormivo e non dormivo veramente. Avevo fame di quel medicinale; era una dipendenza così dolorosa che non la auguro a un cane. Anche perché lo psicofarmaco non lo danno senza ricetta, quindi se lei si trova con l’acqua alla gola... mio marito che urlava come un pazzo, perché volevo che andasse a cercarli alle tre del mattino... credo che sia la stessa catena. Oggi sto bene perché non piglio più niente da anni. Non so se c’entra molto con la vostra cultura, però...

(bussano, entra Ernesto, un ragazzo amico della Merini)
Buonasera, ieri sera c’era ordine, stamattina...

 

Ernesto: C’era giù un signore che mi ha detto che era suo marito...
Ah sì, è il pazzo che abita sotto... cosa fa Ernesto? Non mi metta ordine! L’Ernesto è la mia croce...

 

E: Questa casa è piena di pazzi, la più normale è la signora Merini.
Infatti per scrivere DELIRIO AMOROSO mi sono ispirata a questa casa, poi ho scritto LA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO, che era l’altra vicina. Quella ogni volta che mi vedeva mi dava un ombrello in testa, una volta ho detto "questa cosa deve finire"...Un giorno che mi aspetta fuori con l’ombrello, avevo un cinghione così, "adesso mo’ t’arrangio io", le ho dato una di quelle... e lei mi fa "lei mi sembrava buona"... e infatti sono buona, la sto educando! Non mi ha toccata più.

 

Lei come ha scoperto...
La droga?

 

Come ha scoperto dentro di sè la poesia?
E’ stato un bisogno giovanile, ma è stato anche un po’ l’intervento di persone che hanno creduto alla mia vena poetica, che mi hanno forzata, che mi hanno consigliata di andare avanti... Spagnoletti, la Rovelli perché da sola forse non mi sarei data tanta pena.

(mostra un quadro che rappresenta IL GIUDIZIO UNIVERSALE)

Bello eh... me l’hanno regalato.

 

E: E’ Dio che incontra l’uomo...
Beato lui!

 

Cosa pensa della donna?
Ah per l’amor di dio, non mi parli di donne... eh poverine! Comunque questa è una gabbia di matti.

 

Ma vi siete ritrovati?
No, ci siamo perfezionati con gli anni. Avevamo già una tendenza giovanile, però con gli anni siamo precipitati. Ma qual è lo scopo del vostro giornale; fondare una rivista?

 

Dare voce a tanti, perché non c’è modo anche per un poeta di farsi conoscere.
Beh, ma io sono stata conosciuta...

 

Ma lei è stata anche fortunata...
Fortunata sì però...

 

Ha fatto le mosse giuste...
Sì, anche quella di entrare in manicomio è stata una mossa della madonna! Comunque ci vuole anche tanta volontà. E’ come uno che prende la laurea: per laurearsi non è che ci vogliono soltanto i libri, i soldi dell’iscrizione; ci vuole anche l’impegno allo studio. Così è per la poesia...

 

Comunque anche a fare il giornale ci vuole una gran volontà. Ma voi dove vi siete conosciuti (con l’Ernesto)?
Disgraziatamente in treno... no, è venuto da me perché voleva conoscermi, e poi non si è sradicato più!

 

Faremo anche noi la stessa fine...
No, per piacere...

 

E: E’ tanto che siete entrati... nel senso che la signora Merini è molto ospitale, ma stando male...
Stando male chi, lei?

 

E: No, i vicini... mormorano, sono propensi alla maldicenza.
Siamo andati a confessarci a Santa Rita e trovo un padre anziano che mi fa "lei è maldicente?", dico "sì padre, tant’è vero che con LA PAZZA DELLA PORTA ACCANTO ho fatto un sacco di soldi". Come ci siamo divertiti quella domenica. E poi mi fa "E la carne?", dico "La carne quando la vedo è un conforto che non ha idea", io parlavo delle bistecche, "alla mia età padre, ma scusi la carne morta...", "e però lei sarà almeno golosa, e perché non viene mai in chiesa?", "sono malata", "malata lei, e cos’ha?", "sono pazza padre", "ah, assolta".
Sono tremendi i preti, sono maliziosi; ci sono anche quelli che avviano al martirio la gente. Io che parlo tanto di devianza dei minori... insomma anche il prete qualcosa spiega oltre il consentito. E non dovrebbe farlo, perché il sesso diciamolo lo imparano anche le oche senza andare a scuola.
(guardando la foto di un uomo con in braccio un bambino) Lui sembra un cretino, però è stato intelligente mettere un uomo al posto di una donna. Pare tra l’altro che l’uomo proprio a livello morfologico non ami il bambino; impara ad amarlo attraverso la moglie, come creatura della moglie, ma essenzialmente lo vorrebbe anche sopprimere; è un concorrente. Non credo ci sia tutto questo amore paterno; al maschio non piace molto l’idea del figlio. Forse come persona che continui la stirpe, ma come depositario d’amore mica troppo; gli ruba la centralità della casa, della famiglia.

 

Beh, a San Giuseppe gli era andata proprio male.
Era stato istituito, designato... era cornuto.
Il discorso è che siamo un po’ tutti padri putativi, cioè occasionali; il figlio è provvisorio in casa, poi se ne va. Nessuno riesce ad amare giustamente i figli: lo prendono per sempre e non lo mollano... e nascono questi figli edulcorati proprio, dolciastri. Non tenerli in casa fino a trenta quarant’anni; buttarli dal nido se possibile no, però insegnargli a volare è importante. Perché se poi non li butta fuori la madre, li butta fuori la vita.

 

Cosa pensa dei giovani che vogliono aver successo subito e senza problemi?

Non si può, bisogna farsi la propria brava esperienza, bisogna rompersi la testa. Ma non sarebbe neanche bello, secondo me è necessario che una persona provi tante esperienze.
Mi ricordo, quando mi nacque la prima bambina, padre Turoldo me la battezzò e mi disse "in fondo il bambino veramente è la più bella poesia".

 

Perché prima parlando delle donne...
Per l’amor di dio... le femministe, quelle che vogliono evirare gli uomini, ma che roba è? La donna è una gran bella creazione divina, però non deve diventare un fenomeno di immortalità, deve stare nel suo ruolo.

 

E l’uomo?
L’uomo lo preferisco alla donna, l’uomo è più umile. Lei può maltrattare l’Ernesto perché l’uomo è più educato; nella donna sarebbe scattata l’invidia. Anche i figli maschi sono più buoni delle femmine.

 

E lei come donna invece?
Ma io non mi calcolo neanche più; come donna sono stata di gran volontà. Non mi piaccio perché ormai ho un’età in cui tutto non mi va bene, mi trovo anche brutta. Sono sempre stata ipercritica, anche nei confronti delle mie poesie. Per me conta di più la felicità, di cui la poesia fa anche parte. Ma la felicità è generale: non si può essere felici perché si è poeti, o perché si è belli; si deve essere felici perché tutto corre su un buon binario, perché c’è la pasta, il risotto, l’incontro con lei, con l’Ernesto, tutto concorre a far la felicità. La poesia è una tappa della felicità, non deve essere il fine. Uno deve anche mangiare, andare a lavorare. Quelli come lui,  l'Ernesto, "io sono un poeta dalla mattina alla sera", io li ucciderei, perché se non avesse il padre che lo mantiene, come fa scusi?
Lei deve fare poesia quando ha ottemperato a tutti i suoi doveri.

 

E: Lavorare stanca... perché rubare il tempo...
A chi, agli operai?

 

Lei rilegge mai le sue poesie?
No, no, mi fanno un certo effetto; una volta che le ho fatte, le ho perse. Anche perché io scrivo molto, ne faccio anche dieci in un giorno, ma di solito le faccio anche già perfette; non voglio peccare... Ci sono tanti che ne fanno una, poi si mettono lì con la virgola, io purtroppo non ho mai avuto il tempo materiale, ma non lo farei perché non ne vedo la necessità. Non è che non abbia il senso critico, perché se poi la prendo in mano e la riguardo, vedo che qualcosa non va. Però se devo cambiare tutto il verso, dopo magari non c’è più il rapporto con quello di sopra. Vado di più al corpo sonoro della poesia, perché se cambio una parola salta per aria... Io poi ho studiato vent’anni pianoforte e c’ho l’orecchio proprio, l’onomatopea del canto; tra l’altro io preferisco la musica alla poesia; è più udibile, più immediata; la musica la sentono tutti, la poesia bisogna studiarla, è difficile avvicinarsi alla poesia.
Però la grande poesia è raro che nasca, c’è gente che fa dei pasticci, che prova a scrivere; c’è gente che spende un casino di soldi per pubblicare in proprio. E Questi che li pubblicano sono degli usurai, perché non hanno un senso critico; il poveraccio ha una sorta di megalomania e si crede un poeta, quello là lo accontenta in cambio di dieci milioni, però viene oscurata l’immagine del poeta autentico. Queste sono tipografie non case editrici. In questo senso diciamo che la mia povertà mi è servita perché non ero in grado di pagare e quindi sono emersa per valore, non perché ho pagato.

 

Ma forse si è persa anche l’idea di fruire della poesia, per cui uno deve per forza scrivere e non semplicemente leggere...
Non c’è ragazzo o ragazza che non abbia pubblicato qualche verso nel corso della vita, poesie d’amore, lo fanno tutti, ma da qui ad essere un Montale figlio mio... non prendiamo gli sfoghi giornalieri per grande poesia, questo è il grande rischio. Nessuno dice di non fare poesia: scrivete i vostri diari, ma non dateli agli editori.

 

E: Come dice Rilke "amore non basta, poesia un soffio nel nulla, un battito d’ali nel vento".
E cosa vuol dire?

 

E: Assolutamente nulla, è solo per far vedere che ho letto Rilke.
Se una vuole andare a caccia di uomini ci va... io preferisco scrivere, ognuno fa le sue scelte.
Sono scelte vere e proprie perché, vista in fondo l’inutilità dell’amore, la precarietà dell’amore... come se uno decidesse in senso lato che sia eterno; sono queste vacuità mentali per cui l’amore è eterno, la vita è eterna... Scendiamo nella povertà della nostra esistenza, di cui la poesia, purtroppo nella sua ricchezza, fa parte, perché ha un limite. Però la poesia è l’unico modo per rimanere eterni. Se lei fa trenta o quaranta incontri amorosi non rimane eterna nella mente di nessuno. Ci sono anche amori a lunga durata, a lunga degenza, malattie perniciose; però cerchiamo di dare la cartella clinica dell’amore che sarebbe poi la poesia. E allora tutti la possono leggere e può servire ad esempio. Ci sono alcuni che vogliono vivere degli amori per poi relazionarli, materiali da romanzo; oppure poetizzarli senza viverli, questo quando uno ha una grande fantasia o un grande senso del peccato mortale.
E così vi congedo... ci vediamo ragazzi, adesso faccio un po’ d’ordine!

con Alda Merini
Marco Franchini
Sara Marelli
Federico Mataloni
e l’Ernesto
prima edizione: primavera 1998 - l'umanosistemafognario.