CHARLES BUKOWSKI
(1920-1995)

Andammo a visitare la cattedrale, mi colpì abbastanza, era una bella architettura, e entrammo e pioveva un po' (fuori) e dentro puzzava un po' di piscio e l'interno era più sorprendente dell'esterno, saliva e saliva e mi faceva quasi desiderare di poter accettare il Dio Cristiano invece dei miei 17 minuscoli dèi di protezione, perché un Dio grande mi avrebbe aiutato attraverso un sacco di schifezze e terrore e dolore e orrore, sarebbe stato più facile e forse anche più sensato, mi avrebbe aiutato a comprendere alcune delle puttane con cui avevo vissuto e alcune delle donne, i lavori idioti, i non lavori, le notti di follia e sfinimento, e suppongo che tutte le persone che entravano in quella cattedrale si mettessero a pensare e alcuni dei loro pensieri potessero averli portati alla conversione, ma io, pensavo, se io mi convertissi, se credessi, allora dovrei abbandonare il demonio laggiù tutto solo nelle sue fiamme e questo non sarebbe carino da parte mia perché nei fatti sportivi tendevo quasi sempre a fare il tifo per i perdenti e nei fatti spirituali venivo colpito dallo stesso morbo, perché non ero un uomo di pensiero, tiravo avanti con quello che sentivo e i miei sentimenti erano rivolti agli storpi, ai torturati, ai dannati e ai perduti, non senza simpatia ma senza fratellanza perché ero uno di loro, perso, confuso, indecente, insignificante, pauroso e codardo; ingiusto, e gentile solo a sprazzi, e anche se ero fottuto per sempre sapevo che non andava, che non c'era rimedio, che sarebbe continuato così.
Il grande Dio aveva semplicemente troppe frecce al suo arco per i miei gusti, era troppo giusto e potente. Non volevo essere perdonato o accettato o trovato, volevo qualcosa meno di questo, qualcosa che non fosse troppo: una donna di media bellezza di spirito e di corpo, un'automobile, un posto dove stare, qualcosa  da mangiare e non troppi mal di denti o gomme a terra, nessuna lunga malattia prima di morire; anche una televisione con cattivi programmi sarebbe andate bene, e un cane sarebbe stato carino, e pochissimi buoni amici e un buon andamento dell'intestino, e abbastanza da bere per riempire lo spazio fino alla morte di cui (per un codardo) avevo pochissima paura. [...]

Ero pesto e insonnolito (come al solito); avevo grossi problemi a tenere gli occhi aperti, ma andava bene così - penso proprio che sia un errore guardare tutto: ci si prosciuga -  bisognerebbe scegliere le cose, ingurgitarne un pezzettino e lasciarle lì.
La gente si preoccupa perché non comprende la matematica fondamentale e sta troppo a lungo sullo stesso noioso problema e più tardi la sera si rifiuta di scopare con il proprio amante o picchia i bambini o fa indigestione o soffre d'insonnia, gastrite, ulcera perforante, odia l'economia e la leadership, il governo, le autostrade - odi sensati e vani - soffre di contrazioni alle dita dei piedi e di spasmi alla schiena e l'insonnia finisce in un incubo. Perché tiene gli occhi aperti per tutta la dannata giornata e vede troppo. "Togliamoci dalle palle" dissi alla gente che era con me, e ce ne andammo e questo fu Colonia.

(da Shakespeare never did this)