CHARLES
BUKOWSKI
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Andammo
a visitare la cattedrale, mi colpì abbastanza, era una bella architettura,
e entrammo e pioveva un po' (fuori) e dentro puzzava un po' di piscio e
l'interno era più sorprendente dell'esterno, saliva e saliva e mi
faceva quasi desiderare di poter accettare il Dio Cristiano invece dei
miei 17 minuscoli dèi di protezione, perché un Dio grande
mi avrebbe aiutato attraverso un sacco di schifezze e terrore e dolore
e orrore, sarebbe stato più facile e forse anche più sensato,
mi avrebbe aiutato a comprendere alcune delle puttane con cui avevo vissuto
e alcune delle donne, i lavori idioti, i non lavori, le notti di follia
e sfinimento, e suppongo che tutte le persone che entravano in quella cattedrale
si mettessero a pensare e alcuni dei loro pensieri potessero averli portati
alla conversione, ma io, pensavo, se io mi convertissi, se credessi, allora
dovrei abbandonare il demonio laggiù tutto solo nelle sue fiamme
e questo non sarebbe carino da parte mia perché nei fatti sportivi
tendevo quasi sempre a fare il tifo per i perdenti e nei fatti spirituali
venivo colpito dallo stesso morbo, perché non ero un uomo di pensiero,
tiravo avanti con quello che sentivo e i miei sentimenti erano rivolti
agli storpi, ai torturati, ai dannati e ai perduti, non senza simpatia
ma senza fratellanza perché ero uno di loro, perso, confuso, indecente,
insignificante, pauroso e codardo; ingiusto, e gentile solo a sprazzi,
e anche se ero fottuto per sempre sapevo che non andava, che non c'era
rimedio, che sarebbe continuato così.
Il grande Dio aveva semplicemente troppe frecce al suo arco per i miei gusti, era troppo giusto e potente. Non volevo essere perdonato o accettato o trovato, volevo qualcosa meno di questo, qualcosa che non fosse troppo: una donna di media bellezza di spirito e di corpo, un'automobile, un posto dove stare, qualcosa da mangiare e non troppi mal di denti o gomme a terra, nessuna lunga malattia prima di morire; anche una televisione con cattivi programmi sarebbe andate bene, e un cane sarebbe stato carino, e pochissimi buoni amici e un buon andamento dell'intestino, e abbastanza da bere per riempire lo spazio fino alla morte di cui (per un codardo) avevo pochissima paura. [...] Ero pesto e insonnolito (come
al solito); avevo grossi problemi a tenere gli occhi aperti, ma andava
bene così - penso proprio che sia un errore guardare tutto: ci si
prosciuga - bisognerebbe scegliere le cose, ingurgitarne un pezzettino
e lasciarle lì.
(da Shakespeare never did this) |